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Irpinia 1980-2016, i revisionisti e noi

Archiviato il 36esimo. Si è parlato molto di sicurezza rispetto ad altri anniversari, forse questo è dovuto alla tragedia del Centro Italia. Il consueto ricordo nelle chiese o in altri luoghi è stato celebrato secondo tradizione, anche sui social.Archiviato il 36esimo anniversario del “nostro” terremoto, c’è la sensazione che molte pagine siano chiuse ma il libro resterà per sempre sulla scrivania in bella mostra, nei ricordi brutti e nelle poche pagine belle (la solidarietà ricevuta, la capacità di rialzarsi che comunque c’è stata). Il libro resta sulla scrivania anche perché tutti i protagonisti di quella stagione, il post-terremoto, vogliono evidentemente che l’immagine di una buona ricostruzione venga consegnata anche alle nuove generazioni.Ciriaco De Mita, Gerardo Bianco, l’ex commissario straordinario Giuseppe Zamberletti, hanno dovuto fare i conti con il luogo comune e l’accusa.Da Sant’Angelo dei Lombardi hanno quindi messo in piedi un’operazione verità che però, onestamente, non si sa a chi possa giovare. E’ vero – come hanno detto i tre insieme al sindaco Rosanna Repole e ad altri – che la verità va comunque affidata al presente, che gli sprechi sono avvenuti allargando il perimetro delle zone colpite, che l’Irpinia ha avuto anche meno delle altre province considerato il numero di vittime e la devastazione totale nella zona del cratere. Una verità, ha ribadito Zamberletti, utile in ottica futura. E’ giusto, l’operazione va portata a termine perché la provincia di Avellino non può essere associata al concetto di furto e spreco. Però l’Irpinia, quella di adesso governata in buona parte da quelli di allora, dovrebbe rispondere con i fatti: cercando di raggiungere almeno un livello accettabile di vivibilità. Non si dovrebbe rispondere con processi mediatici di appello, tardivi e tutto sommato anche inutili. L’obiettivo di Bianco, lo dice lui stesso a Sant’Angelo, sarà quello di portare il prossimo 23 novembre tutti i giornalisti del Nord che attaccarono, direttamente o indirettamente, i protagonisti del dopo-sisma. Quello di Zamberletti è invece un invito volto a raccogliere materiale per costruire una sorta di mostra-verità. De Mita non si auto-assolve – chiarisce a Sant’Angelo – sa bene che gli errori sono stati fatti. Ma l’errore più grande fu sempre quello di allargare.“Io non avrei allargato l’area delle risorse economiche neanche a tutta la provincia di Avellino, poi ci furono le altre scosse“, ricorda. Ma in generale tutti  i riferimenti alla stampa del Nord ci convincono molto meno della parte propositiva emersa nel tradizionale grande convegno di Sant’Angelo. Così gli imprenditori si sono mostrati meno propensi a parlare di archivi e giornalisti. Più inclini a stilare una sorta di road map insieme all’assessore regionale alle attività produttive,Amedeo Lepore(nella foto). Più concreti nel dare addirittura un numero. Prendete Luigi Iavarone, napoletano trapiantato a Calitri con la sua bella realtà del legno. In pochi minuti dice chiaro e tondo: “Servono 2000 posti di lavoro nuovi per rimettere in moto l’Alta Irpinia. Significa due o tre aziende per ogni paese. E’ un numero alla portata della politica“.Bene il ricordo, ora guardiamo avanti.Lo dice lui, lo ripetono anche altri, lo lascia intendere l’assessore Lepore o il deputato Luigi Famiglietti. Duemila posti di lavoro altrimenti non si va da nessuna parte. Un’operazione difficile, da portare a termine tra Regione e Governo. Lepore indica tutte le misure che la Campania sta prevedendo. E’ il suo lavoro comunicarle, giusto così. Ma tra poco si dovrà passare ai fatti e non basteranno più le frasi “bisogna riformare le Asi” oppure “bisogna dotare le aziende della banda ultra larga“. L’industria da sola è perdente, il turismo al momento resta una prospettiva, l’agricoltura da sola non basta. Ma duemila nuovi posti di lavoro vanno costruiti presto oppure si muore. Questa è l’unica verità.

Redazione IrpiniaPost

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