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Le aree interne, il dilemma e la questione identitaria

Sarà la Basilicata ad ospitare il quarto Forum nazionale sulle aree interne. Due giorni con circa dieci argomenti sui tavoli, dall’agricoltura ai migranti, dal turismo all’innovazione. L’obiettivo è chiaro: continuare a disegnare un modello di crescita per gli italiani che vivono lontani dalle città, dalle ferrovie e le autostrade, dagli ospedali. Pochi italiani ma su molti chilometri quadrati. Ma un modello di crescita, l’intenzione, che vada a beneficio dell’intera Penisola. Ci saranno diverse personalità, concluderà il ministro Claudio De Vincenti. Si tiene ad Aliano, un borgo di mille abitanti che ospitò un Carlo Levi fermatosi dopo Eboli durante il Fascismo. Un paese noto anche per i Calanchi, in provincia di una Matera proiettata verso un luminoso futuro turistico. Ma Aliano, a Nord del del Pollino, è anche poco più a Sud rispetto al complesso petrolifero della Val d’Agri, il principale polo petrolifero italiano. Ora, sul petrolio lucano si è detto moltissimo in questi anni così come in Irpinia o in altre terre dell’osso si assiste talvolta a un scontro tra identità passate, presenti, future (industria-agricoltura, energia-turismo). A leggere il programma non saranno questi gli argomenti principali dei tavoli di Aliano – con Barca, Borghi, De Vincenti, Arminio – ma è fuor di dubbio che la questione “identitaria” sia il vero tema di fondo dell’appuntamento.Su quale sviluppo puntare?Rispetto all’ultima domanda, e sempre in questi anni, non sono mancate risposte soddisfacenti. Tutte su un piano strettamente teorico, desideri e auspici più che altro… La visione illuminata tende a proporre per certe aree interne (come l’Irpinia) la convivenza intelligente di industriali e allevatori, delle energie rinnovabili e del turista, dell’enologo e dell’ingegnere.“Tutto insieme si può a patto che…”. “A seconda delle vocazioni…”. “Un sistema integrato…”. Sono queste le formule utilizzate. Che però, a parere di chi scrive, si traducono un po’ nel tutto e nel niente. E’ infatti il sogno di chiunque un territorio con più motori; in grado di ospitare nuove aziende lontane dal metalmeccanico e legate a nuove tecnologie meno impattanti.Ma si può fare ovunque? In realtà, torniamo al forum di Aliano e ai progetti pilota, qualche risposta ce l’aspettiamo anche dai vari De Vincenti, Borghi e Barca. Perché se è vero che la strategia ha previsto un approccio “dal basso” (quindi ogni luogo deve costruirsi un’identità e un futuro partendo appunto dalle comunità), è anche pacifico che il meccanismo – e i soldi per costruirsi un futuro possibile – non nasce certo dalle comunità. E’ ed altrettanto scontato, si spera, che economisti e ministri possano fornire qualche risposta che vada al di là del progetto Aree Interne e dei numeri della strategia. Risposte a domande fondamentali. E’ realmente possibile un processo di delocalizzazione nelle aree interne italiane di imprese tecnologiche o di risorse umane che operino su turismo, cultura e territorio? Oppure, nonostante le buone intenzioni della Strategia, le aree interne sono destinate a sacrificarsi per dare ossigeno alle grandi aree urbane, ospitando rifiuti o trivelle? Ed è realisticamente immaginabile una coabitazione sostenibile tra il verde della natura e il grigio degli impianti? (la foto a destra è tratta da studentiperlambiente.wordpress.com) comments

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