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Petrolio, il buio oltre Gesualdo

“La battaglia parte adesso”. “Mi farò incatenare ai macchinari”. “Ora attenzione alle trivellazioni su terraferma”. Sono alcune delle reazioni del fronte no triv dopo il flop della partecipazione in Campania e la scarsa affluenza in Irpinia. Probabilmente tutto giusto. Nonostante l’intenzione delle compagnie di cercare petrolio in Irpinia, il referendum del 17 aprile era lontano da questa provincia. Ma è chiaro che lo stesso fronte no triv – inteso come comitati, gruppi politici o associazioni – si aspettasse un risultato ben diverso. Clamoroso a parer nostro che a livello di affluenza solo Villamaina e Gesualdo abbiano fatto registrare il quorum o abbiano sfiorato il quorum. Nemmeno le immediate vicinanze (Grottaminarda, Frigento oppure i paesi dell’Alta Irpinia pure interessati dal progetto) hanno colto la valenza simbolica del voto. Insomma, le eccezioni non sono mancate (Avellino, Nusco, Calitri) ma l’intera Irpinia si è mostrata fredda e distaccata. Fare le considerazioni adesso sarebbe un esercizio semplice e pure sterile. In realtà parlano i numeri. E i numeri dicono che per ignavia, ignoranza, mancato coinvolgimento o addirittura adesione al no o all’astensione (già, c’è anche questo), l’Irpinia non ha risposto come invece si aspettava l’opinione pubblica sensibile ai temi dell’ambiente. In verità erano i numeri che noi ci aspettavamo. Perché più volte avevamo colto nel fronte “no triv” una scarsa capacità di penetrazione negli strati sociali che non vivono di pane e informazione, pasta e politica, carne e comitati. Le piazze non sono state toccate, questo è un dato di fatto e non una constatazione. Adesso parte una lunga attesa, ma neanche tanto, fino ad ottobre. Allora si saprà qualcosa in più rispetto al progetto “Nusco”. Nel frattempo ci sono le elezioni amministrative in 31 comuni. E ci sarà l’estate che il più delle volte “tutto cancella”, per citare i “Tre ragazzi immaginari” di Enrico Brizzi. Che si fa? L’auspicio è innanzitutto che la politica parli senza ambiguità. A cominciare dal governatore Vincenzo De Luca. Se come aveva detto in campagna elettorale, per la precisione a Montella, i petrolieri “si dovrebbero trivellare il cervello”, beh forse è il caso che De Luca torni in Irpinia a ribadire la sua contrarietà. Ma vale per tutti. O è il momento di opporsi senza se e senza ma oppure è il momento di mettere in piedi un dibattito che sia dibattito (come non si è fatto in questi anni, soprattutto per colpa dei filo-petrolio). Il fronte sì triv, se esiste, esca quindi allo scoperto e ci faccia capire cosa potrebbero portare le eventuali trivelle in termini di sviluppo. Abbia il coraggio di uscire ora oppure non sarà mai credibile, non meriterà neppure un ascolto distratto. Gli imprenditori che puntano sul verde, sull’agricoltura, sul vino, la smettano di correre dietro a slogan e investano sul serio. Costruiscano percorsi, occupino benevolmente questa provincia per farci finalmente dire “qui è possibile uno sviluppo che non passa per il petrolio, l’energia”. Uno sviluppo green, per intenderci. E, last but not least, i comitati. Farebbero un grosso sbaglio a imputare lo scarso risultato referendario soltanto alla politica, a Renzi e compagnia bella. Oppure, come fa l’indistinto popolo degli elettorali-chic sui social, al popolo ignavo. Se i comitati sono protagonisti nel dibattito pubblico – e ci pare sia assolutamente così – si prendessero qualche responsabilità, facciano autocritica e modifichino le loro strategie. La gente va guardata negli occhi. Il consenso, di qualunque consenso si tratti, va cercato. E’ vero che gli stessi comitati sono composti da poche persone, ma è vero che se non si riesce ad “apparare” un cinque di calcetto la colpa non è mai della squadra avversaria.

Redazione IrpiniaPost

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