Venerdì sera è arrivata una buona notizia per la provincia di Avellino. Il Ministero per le Politiche agricole ha riconosciuto dopo un lungo percorso ilConsorzio di Tutela dei Vini d’Irpinia. L’ente guidato da Stefano Di Marzo, che racchiude larga parte del mondo vitivinicolo nostrano, svolgerà funzioni di tutela, promozione, valorizzazione, informazione del consumatore per le quattro denominazioni importanti. Si tratta com’è noto delle tre Docg:Fiano di Avellino, Greco di Tufo, Taurasi.E della Doc Irpinia. L’annuncio è stato dato aMontemarano, durante una manifestazione dedicata proprio ad Aglianico e Taurasi. E tra ieri e oggi addetti ai lavori e politici stanno accogliendo benissimo quella che potrebbe, ribadiamo potrebbe, essere una grande svolta. I più utilizzano giustamente formule come “questo è solo il primo passo“. E altri in quel di Montemarano, moderati dal giornalista Rino Genovese, sono apparsi ben consci della tempistica.Il percorso perché l’Irpinia del vino possa diventare “come le Langhe o le terre del Chianti” potrebbe durare anche venti anni. Parliamo di enoturismo oppure di vendita sic et simpliciter. Indirettamente parliamo anche di preservare la terra perché più si coltiva meno si brucia, più si preserva meno si spreca. Il discorso generale – ossia fare dell’Irpinia una vera terra del vino, una di quelle terre da film, allaSidewaysper utilizzare un paragone improbabile, che fa campare come si deve contadini e aziende, coi giovani che entrano in un bel circuito sociale ed economico – è ovviamente impossibile da affrontare in un solo momento, che sia un articolo o un convegno. Impossibile perché coinvolge produttori, politica, amministrazioni, altri privati, identità diverse, borghi differenti e modelli da pensare. Difficile perché il vino non è mondo autonomo, perché tutto può influire sulla sua crescita di un comparto, come l’immagine di un territorio per capirci.L’Irpinia del vino è strettamente legata all’Irpinia e basta, che purtroppo è una terra sconosciuta ai più. Ma un paio di considerazioni sul riconoscimento del Consorzio vanno pur fatte.La prima.Il fatto che finalmente vengano affidati a un soggetto definito molti compiti di promozione e tutela del prodotto-vino, contribuisce a mettere ordine in un sistema disordinato e scoordinato fatto di grandissime cantine e micro-realtà, dei più svariati enti, di varie associazioni e tante amministrazioni che operano, o cercano di farlo, intorno a Fiano, Greco o Aglianico. Certo non sono attività che possono esser praticate in esclusiva assoluta, ma questo riconoscimento ministeriale fa sì che prima o poi tutte le cantine, un po’ come succede nelleStrade del Vino, dovranno necessariamente rispettare determinati standard anche in termini di accoglienza del visitatore: di promozione insomma. Perché solo se le aziende rendono accoglienti e attrattive le aziende stesse – e al novanta per cento non è così – si potrà chiamare la politica alle proprie responsabilità. La politica deve garantire accessibilità e altre condizioni favorevoli per i produttori e i visitatori, ma dovrebbe essere dei protagonisti, degli imprenditori del vino, il compito più difficile e al tempo stesso stimolante: creare le basi per questo benedetto circuito. Parliamo poi di un altro aspetto della complessa sfida.Ieri a Montemarano, ma è un qualcosa che si sente spesso in giro per convegni, si è auspicato un grande contenitore (non si capisce con quale regia) che possa mettere tutto a sistema partendo dal vino. Le manifestazioni, le altre eccellenze d’Irpinia, gli eventi estivi e invernali. Bene, con tutto il rispetto pensiamo sia un’assurdità. L’Irpinia è terra di vini? Come tutta l’Italia. Ma solo una parte di questa provincia è terra di grandi vigneti. E allora, a parere di chi scrive, non si può pensare di allargare l’area a un’intera provincia fatta peraltro di profonde differenze territoriali.Sarebbe un errore strategico ma soprattutto pratico.Si rischia in sostanza di perdersi nelle dinamiche che troppo spesso hanno caratterizzato altri settori. Non è buona una torta divisa per 118 comuni, molti dei quali alla festa senza invito. L’Irpinia del vino andrebbe definita entro il perimetro di quei paesi, non sono pochi, a vocazione vitivinicola. Altrimenti la torta diventa zuppa. comments
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