Nel paese delle sorgenti del Sele l’acqua non riesce a pacificare il Consiglio comunale, rinnovato meno di un anno fa. Maggioranza e opposizione restano divise nella serata dedicata al documento con il quale il sindaco di Caposele, Lorenzo Melillo, chiede alla Regione Campania di avere maggiore voce in capitolo nella definizione degli accordi con Acquedotto Pugliese per l’utilizzo delle risorsa idrica locale (approfondisci qui). Nodo del contendere proprio i rapporti con Palazzo Santa Lucia. La partecipazione della cittadinanza è ampia: sala gremita in ogni ordine di posto. Si vedono madri di famiglia con bambini, anziani, giovani. Comunità attenta e interessata: il tema è delicato. In ballo c’è il petrolio blu caposelese, le acque delle sorgenti della sanità, e l’argomento ha evidenti ripercussioni anche sulle casse comunali. E’ una questione di orgoglio e dignità di un popolo, di quello irpino e non solo di Caposele, ma è evidentemente anche una vicenda con risvolti di natura economica. Il Comune intende battere cassa nei confronti di un Acquedotto Pugliese che sta per mettere in funzione la galleria Pavoncelli bis, che avvierà una centrale idroelettrica e che continua ad attingere acqua dall’Irpinia senza che il territorio ne abbia benefici. “Buoni sì, fessi no”, è il motto scelto per lanciare l’iniziativa di Melillo e i suoi.
Ma dalle fila della minoranza Eliseo Damiano attacca: “Sono stati usati effetti scenici privi di efficacia, sui social e sui manifesti. Slogan e parole forti. La Regione Campania deve combattere con noi. Non deve essere diffidata. Il nemico comune è la Puglia. Il metodo è sbagliato, perciò noi voteremo contro la delibera. Il sindaco ha creato un gruppo di lavoro composto da esperti che a mio parere è illegittimo. Ma perché lo ha fatto? Perché non riteneva competenti i suoi consiglieri?”.
Donato Cifrodelli, ex vicesindaco di Pasquale Farina invece precisa: “L’acqua ci mette tutti sotto la stessa bandiera, che è quella di Caposele. Il sindaco fa bene a mettere in essere qualsiasi atto utile ad affermare i diritti dei caposelesi. Nessuno di noi partecipò alla definizione della convenzione del 2012, ad eccezione di lui che era consigliere di minoranza, perciò il mio intervento è obiettivo”. Anche il poliziotto però alla fine vota contro perché dice: “Non accetto la proposta di installare dei contatori, perché non possiamo riversare sulla comunità eventuali errori”. Il capogruppo di minoranza Luigi Casale infine propone all’assemblea l’approvazione di un documento diverso. “Ma siamo sicuri di volerci prendere la responsabilità di diffidare la Regione? La diffida è il primo atto per l’avvio di un contenzioso. Un documento ostile alla Campania. Noi invece dovremmo chiederle di essere al nostro fianco”.
In effetti, la diffida nasce da un episodio controverso dello scorso novembre. La pubblicazione e la revoca nel giro di 24 ore di un decreto di rinnovo fino al 2032 della concessione ad Acquedotto Pugliese di uso delle acque caposelesi. Un atto firmato da un dirigente regionale, sconfessato a stretto giro dall’assessore all’Ambiente e vicepresidente della Giunta Fulvio Bonavitacola, che ne ordinò il ritiro immediato rimandando la definizione della materia a un tavolo con i ministeri competenti, le Regioni Campania e Puglia e l’Ente idrico regionale. Con la diffida quindi i caposelesi chiedono a Napoli di avere più spazio per l’azione e di mettere nero su bianco che nessun atto può prescindere dal parere del Comune altirpino.
È il primo cittadino Melillo a chiarire l’equivoco materializzatosi nelle parole dell’opposizione. “Non è un atto di guerra alla nostra Regione dire che essa ha il potere di autorizzazione a derivare. La minoranza fa confusione. Noi chiediamo di prendere atto del nostro diritto di uso e di integrare la revoca della concessione. Abbiamo discusso benissimo in questi mesi con Bonavitacola e D’Amelio. Hanno fatto tesoro delle nostre parole. La Campania ora deve reggere la posizione del Comune di Caposele come la Puglia lo ha fatto per decenni a favore a Aqp. Noi non siamo orfani e dobbiamo sentirci tutelati nei nostri interessi”, chiosa.
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