‘Caposele, a rischio la Ciclovia dell’Acquedotto’

“Occorre una chiara e sollecita presa di posizione da parte degli organi di vertice di Acquedotto Pugliese SpA e dell’azionista unico Regione Puglia per sbloccare l’organizzazione della Cicloesplorazione 2018”. È quanto chiede il Coordinamento dal Basso per la Ciclovia dell’Acquedotto Pugliese, cui aderisce anche il Coordinamento FIAB Puglia e Basilicata, in una lettera inviata nei giorni scorsi a Regione Puglia e Acquedotto Pugliese. Occorrono più attenzione e coraggio per rendere possibile la creazione di un itinerario narrativo che ha tutte le potenzialità di diventare da subito una nuova frontiera del turismo nel Mezzogiorno.

Il caso nasce dall’incomprensibile rifiuto opposto alla richiesta di rendere agibile, sia pur per un periodo limitato di poche settimane ed entro regole ben precise, la pista di servizio della condotta storica dell’Acquedotto Pugliese, già individuata e finanziata come percorso ciclabile dalla programmazione regionale e nazionale, accompagnando in questo modo la realizzazione della futura ciclovia così come previsto dal protocollo di intesa ministeriale e di fatto già accaduto con le Cicloesplorazioni 2015 e 2016.

Aqp Spa ha negato il proprio supporto e autorizzazione al passaggio citando un regio decreto del 1904 di tutela delle opere e dell’acqua trasportata, precisamente il Regio Decreto 8 maggio 1904, nr. 368, che tuttavia non contempla, come è facile immaginare, il semplice transito di ciclisti e pedoni tra gli elementi passibili di arrecare pregiudizio di alcun tipo a tali siti. Aqp invoca inoltre l’assenza delle condizioni di percorribilità in sicurezza della pista pur avendo già autorizzato l’evento nel 2016 a seguito di verifiche congiunte nei diversi tratti.

“Ci preme chiarire”, sottolinea il Coordinamento, “che la pista di servizio demaniale lungo il Canale Principale potrebbe già adesso essere fruita per oltre 130 km potendosi equiparare ad un qualsiasi sentiero escursionistico su strada campestre. Aqp effettua con regolarità pulizia e manutenzione della pista e gli interventi necessari per rendere il percorso ottimale anche sotto il profilo della sicurezza sarebbero davvero minimi”.

“Siamo rammaricati”, si legge nella lettera, “nell’apprendere che la più grande azienda idrica d’Europa, custode di un patrimonio infrastrutturale, storico e culturale che appartiene all’Italia tutta e al Mezzogiorno in particolare, non senta proprio un progetto di valorizzazione e tutela fortemente voluto e sostenuto da tutte le comunità locali servite, qui ben rappresentate e riunite dal 2015 nel Coordinamento dal Basso”.

Il Coordinamento ha proposto per i prossimi tre anni un evento annuale di apertura temporanea del percorso cicloturistico di 500 km da Caposele (Avellino) a Santa Maria di Leuca (Lecce) per venire incontro alle numerose richieste che giungono da ogni parte d’Italia e anche dall’estero. Obiettivo principale è quello di generare da subito ricadute economiche sui territori senza necessariamente dover attendere i tempi lunghi di progettazione e realizzazione della ciclovia.

La notizia è una doccia fredda per le oltre 90 associazioni e imprese aderenti al comitato che avevano approntato un progetto di allestimento, accoglienza e promozione diffuso e partecipato a seguito di un incontro tenutosi lo scorso ottobre presso la Regione Puglia.

È arrivato il momento di regolamentare e consentire la fruizione a fini escursionistici della pista di servizio in tutti quei tratti che non presentano pericoli particolari”, incalza Cosimo Chiffi, portavoce del Coordinamento, “Per noi il progetto della più lunga via verde d’Europa comincia da queste piccole grandi cose. Far passare l’idea che si debba attendere la fine di cantieri complessi in luogo di interventi mirati di conservazione della naturalità della pista e di un quadro chiaro per la sua gestione e fruizione ci trova in totale disaccordo”.

“Qualcosa non quadra”, chiosa Giuseppe Dimunno, coordinatore Fiab di Puglia e Basilicata, “se a diversi anni dall’inaugurazione, nei primi 15 km di ciclovia realizzati in Valle d’Itria campeggiano ancora i cartelli ‘proprietà privata – divieto di accesso’ e per accedere c’è un cancello da scavalcare. Da cicloturista, mi chiederei se la Puglia ha voglia o no di promuovere il turismo sostenibile”. Nonostante quei cartelli, la pista è percorsa da migliaia di ciclisti e trekker ogni giorno; altri tratti non ancora trasformati in pista ciclabile, invece, sono da sempre aperti ai frontisti e segnalati come parte della rete escursionistica locale. “A Milano” aggiunge Dimunno, “è normale pedalare e andare a piedi sui navigli, che comunque continuano ad essere utilizzati come strade di servizio idrico, mentre in Toscana c’è il bellissimo Sentiero della Bonifica, del tutto simile alla nostra ciclovia. Perché non si può anche da noi?”.

La Ciclovia dell’Acquedotto Pugliese può divenire una straordinaria “via verde”, ovvero un corridoio naturalistico protetto di 500 km nell’Italia interna del Sud, con i suoi straordinari paesaggi naturali, molti dei quali ancora incontaminati. L’Alta Irpinia, il Vulture, l’Alta Murgia, la Valle d’Itria, la Terra d’Arneo e il Basso Salento sono le aree che questo itinerario attraversa, ognuna con i suoi colori e le sue peculiarità con la possibilità di valorizzarne aspetti storici, naturalistici culturali gastronomici. La Cicloesplorazione, finora, è stata interamente autofinanziata dal comitato organizzatore e dai partecipanti.

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