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‘Con Di Guglielmo una minoranza’, la replica: ‘Dati in linea col passato’

Il giorno dopo la diffusione dei dati sul congresso provinciale del Partito Democratico si fa ancora più evidente la spaccatura tra l’area del neo segretario in pectore Giuseppe Di Guglielmo e l’area del suo avversario Michelangelo Ciarcia che aveva deciso di non partecipare il voto in disaccordo con la decisione del Pd nazionale di celebrare ora le assemblee di circolo. Nodo del contendere, in particolare, la definizione della platea congressuale che secondo l’ex tesoriere del partito irpino sarebbe stata costruita ad hoc per favorire Di Guglielmo.

“Abbiamo mantenuto dritta la barra, il nostro gruppo è rimasto compatto astenendosi dalla partecipazione al Congresso Provinciale – ha detto Ciarcia questa mattina in conferenza stampa a via Tagliamento – Una posizione presa in nome della legalità, concetto cancellato dai fatti accaduti in queste settimane. La verità è che, con questo scenario, abbiamo vinto noi. Il voto, soprattutto in città, è stato residuale. C’è chi ha esultato per questa fantomatica vittoria, io dico che c’è poco di cui essere felici. Anche perché il partito non può essere gestito da una minoranza”. 

Ciarcia ha pure contestato il dato finale. “Alle urne si è recato il 32.2% degli aventi diritto di una platea che ha continuato ad essere ballerina fino all’ultimo secondo. Ad ogni modo, parliamo di meno di un terzo del partito. L’Opa è fallita, è fallita la politica del tesserificio. Il partito non può essere governato da chi si è mosso partendo da iscrizioni farlocche o, peggio, comprate”.

Nel pomeriggio la replica dell’area Di Guglielmo, affidata a una nota. “Il Partito Democratico ha svolto nelle giornate di domenica e lunedì il tanto atteso e richiesto congresso provinciale; grazie alla pazienza di iscritti, militanti e segretari di circolo, circa 3000 persone hanno manifestato la forte volontà di partecipare con coerenza ad un percorso di rigenerazione territoriale indicato dal partito nazionale, nonostante autorevoli rappresentanti istituzionali invitassero caldamente e suggerissero insistentemente a tanti liberi iscritti di non esercitare il proprio diritto a scegliere.
Di fronte al risultato elettorale emerso corre l’obbligo di fare chiarezza per evitare che ricostruzioni faziose e prive di riscontri concreti inquinino la serietà e la trasparenza del percorso svolto. Il primo accento va posto sulla interpretazione dei numeri espressi nei congressi di circolo e i numeri vanno comparati e contestualizzati.
Comparati, per stare ai numeri, alla convenzione nazionale di aprile 2017, quando sono stati eletti i delegati nazionali. In quella fase, pur non essendoci stati appelli alla non partecipazione, solo 3800 iscritti (su circa 7000) hanno votato. Inoltre, l’ultimo dato con il quale è opportuno fare una comparazione riguarda i congressi di circoli svoltisi nel gennaio 2018, in piena fase commissariale.
Qualche mese fa, su una platea di circa 13000 iscritti (2016/17), hanno votato circa 3300 iscritti. Infine, questi dati vanno contestualizzati alla fase politica che stiamo vivendo. Nostro malgrado, non viviamo più nella stagione del 40% delle europee (dove anche in quel caso 1 italiano su 2 non si era recato alle urne). Siamo al “post 4 marzo”, in una fase che ha provocato un cambiamento epocale le cui conseguenze obbligano chiunque a non sottrarsi: è finito il tempo in cui dal partito si prende, oggi abbiamo il dovere di restituire credibilità e serietà al progetto. Troppo comodo dire: “io non c’entro, non sono d’accordo, non mi riguarda”.
Inutile, quindi oggi puntare l’indice di accusa e dedicarsi alla pratica dell’avvelenamento dei pozzi per poi lamentarsi che l’acqua non sia potabile. Il partito nazionale, pur non avendone la necessità, ha messo nero su bianco la costruzione di un tavolo d’intenti e di metodi affinché tutti, nessuno escluso, si possa sentire rappresentato nelle future scelte per la città”. 

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