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Gli irpini e l’anno senza eventi, Alessandra e i live fermi ai box

Una passione smodata per la musica, i concerti e il suo lavoro. Alessandra Manfredonia, 40 anni di Lioni, è una dei tanti lavoratori del settore dei live ferma ai box da ormai 12 mesi. “Un anno senza eventi” è l’ultima iniziativa in ordine di tempo, ideata da Mario Struglia, per tenere viva l’attenzione sulla loro situazione. Un settore azzerato dalla pandemia, che si dà appuntamento al 28 febbraio con il flash mob digitale #unannosenzalavoro, in attesa di conoscere cosa deciderà il nuovo Governo. La storia di Alessandra, freelance per varie agenzie di eventi nazionali, è la storia di tanti giovani e meno giovani che a causa del covid-19 vedono davanti a loro un futuro più che incerto, ma nonostante questo i suoi occhi si illuminano ogni volta che parla del suo lavoro.

Alessandra, quando ha iniziato a lavorare nella musica dal vivo?
Nel 2008, dopo essere rientrata dagli Stati Uniti, ho iniziato a collaborare con il Piper club di Roma, poi mi sono specializzata sempre più, arrivando a ricoprire il ruolo di coordinatrice di produzione.

In cosa consiste questo lavoro?
Lavorare in produzione nel mio caso significa occuparsi di tutta la logistica del concerto o del tour. Dai contatti con i fornitori ai rapporti con la signora delle pulizie, dalla cura della venue fino all’assistenza all’artista. Che deve essere maniacale per soddisfarne in toto le esigenze.

Quali esperienze lavorative hai avuto finora?
I primi passi li ho mossi appunto al Piper di Roma dove suonavano ad esempio i Modà all’inizio della loro carriera e Niccolò Fabi. Poi sono tornata a Lioni e ho collaborato con la tv locale IrpiniaSannio che mi ha insegnato tante cose tornatemi utili in seguito. Dal 2015 ho ricominciato con i live al PalaSele di Eboli, facendo l’assistente di produzione in loco. Hanno suonato in quel periodo Marco Mengoni, Giorgia e Renato Zero. L’anno dopo ho lavorato a due grandi eventi all’anfiteatro di Pompei: gli spettacoli di David Gilmour dei Pink Floyd e di Elton John. Due signori, ma il secondo in particolare mi colpì perché ebbe un’attenzione ulteriore per il mio lavoro, facendomi recapitare un pensiero e un mazzo di fiori. A seguire i live di Loredana Bertè ad Ariano Irpino e il concerto di Max Gazzè a Caserta, così come lo SponzFest 2016. Il salto di qualità c’è stato con lo sbarco a Live Nation Italia e il tour di Tiziano Ferro “Il mestiere della vita”. E’ stato e sarà sempre il mio tour, perché mi ha dato la possibilità di crescere e testarmi. Da allora tanti palazzetti, David Garrett con una produzione straniera, Cesare Cremonini e il tour europeo di Eros Ramazzotti che mi ha dato la possibilità di andare in Russia e in Kazakistan. Non dimentico neppure l’esperienza al teatro Gesualdo di Avellino, che spero sinceramente riparta. L’incontro nel 2018 con Lorenzo Cherubini e i suoi “Jova Beach party” e “Lorenzo Live tour” è stata roba forte, indimenticabile, di grande formazione. Perché, non lo dimentico mai, io in questo settore ho ancora tanto da imparare, sono una che deve trottare!

Cosa ti è mancato di più in questo anno?
Ovvio dire che mi è mancato tutto, non da ultimo mi è mancata l’entrata economica. Trovarsi dall’oggi al domani con la negazione del proprio lavoro fa male. Sentirsi dire: questo non lo puoi più fare. Mi è mancata la manualità, il contatto con i clienti e la crew, mi è mancato viaggiare. E’ come se a un giornalista togliessero la penna per scrivere. Mi è mancata la possibilità di essere parte di un evento corale che regala spensieratezza, gioia, puro coinvolgimento.

Ha condiviso le scelte del Governo?
Le scelte iniziali del governo Conte le ho condivise perché non si poteva fare altrimenti. Per il nostro lavoro il contatto con la gente è fondamentale: condividiamo spazi, sudore. Il problema è sorto dopo. Durante l’estate si sono potuti fare dei live in sicurezza, si è dimostrato scientificamente che gli eventi erano possibili, ma si sarebbe dovuto investire di più per dare la possibilità a più società di lavorare e fare più eventi. Io sono l’ultima a poter parlare, c’è gente che lavora nel settore da 30 anni e a loro andava riservato un trattamento migliore e più giusto. I live per noi, per loro, sono introito al pari di altre occupazioni, paghiamo le tasse come tutti. Noi non siamo semplici intrattenitori, siamo dei professionisti. Adesso la situazione è nota, conosciamo il contesto, e si deve ripartire. Non vogliamo più bonus statali, abbiamo bisogno di direttive per ricominciare a lavorare in sicurezza, a piccoli passi.

In questi mesi cosa ha fatto per reagire allo stato delle cose?
Ho aderito a “Bauli in piazza”, iniziativa che ci ha visti tutti simbolicamente uniti a Milano la scorsa estate, così come parteciperò al flash mob del 28 febbraio, e così come ho sostenuto la campagna “L’ultimo concerto” dedicata alla realtà dei club e delle sale concerti. Inoltre lo scorso aprile, qualche giorno dopo il mio 40esimo compleanno, in preda allo sconforto ho aperto un profilo Instagram che si chiama Touring_Pass dove ho iniziato a postare i pass dei vari tour, il mio oggetto del desiderio da ragazzina quando invidiavo chi lavorava dall’altra parte delle transenne. Per me il pass è il simbolo del live, del concerto. La cosa è cresciuta con l’aiuto dei colleghi e da qualche tempo facciamo delle dirette in cui diamo voce al nostro settore. Oggi alle 16 è stato nostro ospite Giuliano Sangiorgi dei Negramaro ed è stata la prima volta che un artista ha parlato su una pagina di lavoratori dello spettacolo. Avere la vicinanza dei big per noi è importantissimo. Il primo era stato Tiziano Ferro, mesi fa ricevendo pure critiche perché la sua posizione venne fraintesa. Ma penso anche a Fedez con “Scena Unita”, il fondo per aiutare noi lavoratori dello spettacolo grazie al quale ho ricevuto un ulteriore bonus.

Cosa si aspetta in un prossimo futuro?
Spero che il colloquio del presidente nazionale Agis con Mario Draghi possa dare risultati. Negli Stati Uniti sono stati fatti esperimenti interessanti come un evento in uno stadio da 70mila posti al quale ha preso parte un pubblico di 25mila vaccinati. A noi non servono gli stadi per adesso, basta molto meno, e il piccolo tour fatto da Elisa lo scorso anno lo dimostra. Bisognerebbe intanto riaprire i teatri, dove si potrebbero fare pure dei concerti in acustica, e poi seguire il modello della scorsa estate ma moltiplicando le occasioni. Altri mesi fermi sono impensabili. Sì, ogni giorno perdiamo vite umane ma le nostre istanze non sono futili. Questo è il nostro lavoro, la nostra ragione di vita.

Paola Liloia

Classe 1985, laureata alla Sapienza in Editoria, Comunicazione multimediale e Giornalismo. Ha collezionato stage in uffici stampa romani (Confapi, ministero per la Pubblica Amministrazione, Senato) e collaborato con agenzie di comunicazione, quotidiani online locali e con il settimanale "Il Denaro". Ama la punteggiatura. Odia parlare al telefono e i tacchi. Ama l’Inter e le giornate di sole.

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