‘I paesi delle aree interne? Non possono salvarsi tutti’

Tra gli ospiti dello Sponz Fest quest’anno c’è stato il professore Vito Teti, ordinario di Antropologia Culturale presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Unical. Si occupa di Mediterraneo e la sua lezione a Calitri, ieri mattina, aveva come tema “Il rovescio del sovrappopolamento, i paesi abbandonati”. Teti è una sorta di paesologo al contrario, uno cioè con una visione abbastanza particolare delle aree interne, considerando le dichiarazioni che ha rilasciato al nostro direttore Giulio D’Andrea su Il Mattino di oggi. Le riprendiamo in alcuni passaggi perché significative.

Il professore dice in sostanza che non tutti i paesini possono salvarsi. Perché se i Comuni si spopolano, se la gente diminuisce, non è possibile pensare di tenere in vita tutti i centri abitati e per giunta tenerli in vita in condizioni decenti, ossia assicurando i servizi minimi. E’ più saggio, secondo il suo punto di vista, puntare su alcuni di essi, magari un po’ più in salute,  con le “migliori potenzialità”, cercando di aggregare sul loro territorio gli abitanti dei borghi vicini e provando a rilanciarli individuando un modello sostenibile.

Una visione difficile da far accettare nel Paese (questa volta con la P maiuscola) dei campanili che proprio non vogliono rinunciare a nulla. “Queste piazze piene – ha dichiarato nell’intervista Teti – contrastano col vuoto dell’inverno, una stagione in cui servirebbe essere più curiosi. Dobbiamo basarci sull’inverno per dire come si sta veramente in un posto. Mi impegnerei per creare modelli di aggregazione durante tutto l’anno”. E siamo d’accordo con lui, perché l’immagine dell’Alta Irpinia estiva non è veritiera, è illusoria o quanto meno parziale. Quando invece calano i riflettori e si spengono le luminarie delle feste, si tasta con mano la vitalità e la qualità della vita degli altirpini (leggi qui).

Poi Teti dice altro. “Un grande passo in avanti sarebbe smetterla con certa retorica e con i troppi slogan che lasciano il tempo che trovano. E’ molto pericoloso l’atteggiamento di chi dice sia più bello vivere nei paesi. Vivere nei paesi significa mettersi in gioco, è una missione etica e politica. Costa fatica. Ma l’importante è essere onesti. Se la si smettesse di diffondere immagini idilliache e di mitizzare il borgo si potrebbe iniziare a ragionare”.

Siamo d’accordo con lui anche su questo secondo aspetto. Perché più volte abbiamo sottolineato che fare di tutt’erba un fascio, nel caso irpino, è deleterio. Non tutti i paesi sono belli, caratteristici. In giro si vedono veri obbrobri architettonici e urbanistici. E in una landa desolata buona solo a produrre balle di fieno non per forza c’è qualcosa di romantico. Vivere in un borgo, dove gli unici con i quali poter scambiare una parola durante il giorno sono anziani, ha ben poco di idilliaco. E’ tutto molto limitante e richiede coraggio per restare. Non più di quanto ce ne voglia ad andare via, sia chiaro, ma almeno nella stessa dose. Restare però “non deve essere visto come conservazione”, aggiunge Teti perché altrimenti a nulla giova.

Paola Liloia

Classe 1985, laureata alla Sapienza in Editoria, Comunicazione multimediale e Giornalismo. Ha collezionato stage in uffici stampa romani (Confapi, ministero per la Pubblica Amministrazione, Senato) e collaborato con agenzie di comunicazione, quotidiani online locali e con il settimanale "Il Denaro". Ama la punteggiatura. Odia parlare al telefono e i tacchi. Ama l’Inter e le giornate di sole.

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