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‘Il dopo-sisma ancora oggi, la politica non governa più i processi’

Rodolfo Salzarulo a tutto campo sul dopo-terremoto. Prefabbricati pesanti e industria in crisi alcune delle criticità. Con il dubbio finale: “Chi guiderà il processo di sviluppo nei prossimi anni?”

Salzarulo, Lei ha fatto parte dei vari gruppi di lavoro per il completamento della ricostruzione, per recuperare i fondi residui previsti da vari decreti a mai arrivati. A che punto siamo? Al 95 per cento, in alcuni paesi al 98 per cento. La quota restante, a scanso di equivoci, è quella che spetta alle comunità del cratere. Quella stanziata non ora, ma ormai quasi vent’anni fa e non ancora arrivata. Grazie al lavoro della commissione regionale stiamo velocizzando molte preatiche, anche se alcuni Comuni non hanno ancora speso e tengono fondi in cassa.

Sì ma cambierebbe qualcosa se i fondi residui dovessero arrivare domani? No, non direi. Il volto dell’Alta Irpinia non muterebbe. Al limite qualche abitazione verrebbe terminata, alcuni Comuni potrebbero sistemare spazi del centro che portano segni di una ricostruzione incompleta. Ma il capitolo abitativo è ormai chiuso. 38 anni sono tanti, ma non sempre la burocrazia ha aiutato.

Come per la Lioni-Grottaminarda? Ecco, chiariamo ancora una volta però che attualmente il percorso della strada non ha nulla a che fare con i fondi post-terremoto. L’opera, da Sant’Angelo a Grotta, è iniziata pochi anni fa. Chi dice il contrario, chi pensa che i lavori vadano avanti da 40 anni o è uno stupido o è in malafede. Manca qualche fondo anche lì (a Sant’Angelo dei Lombardi il summit solo ppochi giorni fa, ndr). Non ci si può dividere su questa opera.

Lei fa anche parte della commissione ambiente dell’Anci. Cosa resta del terremoto del 1980? Tante cose. I prefabbricati per esempio. Sono ancora troppi in vari comuni. Non ci abita più nessuno ma li vediamo in molte contrade dell’Alta Irpinia. Contengono amianto ed è assolutamente necessario rimuoverli e bonificare le aree. Ovviamente con l’aiuto della Regione.

23 novembre, è anche tempo di bilanci. Qual è il suo sulla ricostruzione? Tecnicamente valida, urbanisticamente sbagliata. I paesi sono stati smembrati. Non sono certo il primo a dirlo, però con lo spopolamento in atto gli effetti di un’urbanistica discutibile si vedono più nitidi. I centri dei paesi hanno perso in intensità.

Tra le eredità del post-terremoto ci sono le aree industriali. I capannoni non si riescono a riutilizzare, vendere. Dove sono i principali ostacoli? Nelle procedure fallimentari? Nell’Asi? Nell’Irpinia poco attrattiva per le imprese? Difficile dirlo, ma andiamo con ordine. Le procedure fallimentari sono lente in tutta Italia. Per alcune zone servirebbe un atto d’imperio per liberare gli stabilimenti dalle catene. Oppure una riforma, che dubito verrà mai fatta. Un atto d’imperio servirebbe pure per i prezzi degli stabilimenti. Molti vengono messi a disposizione alla quarta asta, ma intanto si perdono anni. Poi la perdita del Tribunale di Sant’Angelo non ha aiutato. Sull’attrattività delle aree industriali è un discorso ancora più complesso.

Cerchiamo di fare un accenno almeno. Gli imprenditori dinamici qui non mancano, manca forse chi vuol venire dall’esterno… Ma manca una politica in grado di costruire una cabina di regia per i processi di sviluppo. La politica tutta ha perso di vista il contatto con le persone o non è più in grado di reggere i tempi, non so. Avevamo una buona opportunità con la Strategia Aree Interne. Senza rispolverare vecchie polemiche non mi sembra che stia portando risultati. Il divario Nord-Sud mai alto come oggi, e il divario costa-aree interne è ancora più largo. E qui nessuno ha la capacità di incidere e di pesare, i politici sono fuori mercato.

Sugli imprenditori? Molti sono bravi ma non voglio pensare che possano fare sempre e ovunque il bene collettivo. Loro ragionano in termini di impresa e io non sono contrario a questo. Però, ripeto, serve una nuova coscienza amministrativa e politica in grado di delimitare i campi, di pensare a uno sviluppo armonico tra ambiente e industria. Dopo il terremoto eravamo la prima provincia metalmeccanica del Sud. Ora siamo un ibrido.

Giulio D'Andrea

Direttore responsabile di Irpiniapost, classe 1978, si laurea in Giurisprudenza a Perugia e si perfeziona in Psicologia forense a Genova. Mostra subito insofferenza per i tribunali e soprattutto per le cancellerie. Inizia il percorso giornalistico nel 2006, lavorando su carta stampata, internet e televisioni tra Campania e Lazio. Attualmente collabora con il quotidiano “Il Mattino”. Leggeva molto e suonava anche di più, poi la visione ossessiva delle serie Tv gli ha impedito di continuare.

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