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‘Io docente irpina in Emilia. No all’istinto, non torno giù’

Scuole chiuse anche in Irpinia da ieri e fino al 15 marzo. In Emilia Romagna niente lezioni in classe invece già dallo scorso 24 febbraio, subito dopo l’esplosione dei primi focolai in Veneto e Lombardia. E sono tanti i docenti irpini al lavoro al Nord che in queste settimane si trovano ad affrontare una situazione nuova. Valentina Caponigro, giovane professoressa partita tre anni fa da Lioni, è tra questi. Vive a Castelnovo ne’ monti.

In Emilia Romagna le scuole sono chiuse già da diversi giorni. Saresti potuta rientrare a casa perché non vivi in zona rossa, ma non lo hai fatto. Perché? 

Non sono tornata, nonostante il numero di contagi non fosse alto come oggi e fosse circoscritto alla sola provincia di Piacenza, per senso civico. Ho cercato di non farmi prendere dall’istintività, cosa che è accaduta purtroppo a molti. Ho preferito ponderare scelte ed eventuali conseguenze e ho ritenuto fosse molto più giusto restare qua, anche perché non pensavo che la chiusura venisse così a lungo prorogata. L’ho interpretata però non come un periodo di ferie, ma come misura per evitare assembramenti di qualsiasi tipo, per evitare l’utilizzo dei mezzi pubblici, cosa che per rientrare al Sud avrei comunque dovuto fare non avendo l’auto. E quindi, nonostante la tentazione di tornare ci sia stata e sia tuttora forte, preferisco far prevalere il buonsenso.

La chiusura continua fino al 15 marzo, salvo ulteriori provvedimenti. Come vi state organizzando? 

Soprattutto per i genitori dei bambini più piccoli è un vero disagio, ce ne rendiamo tutti conto, e la scuola non può e non deve fermarsi, non deve abbandonare i ragazzi in questa fase complessa, anzi deve fare il possibile per far sentire loro la presenza e la vicinanza dell’istituzione. Proprio per questo si è deciso di adottare la didattica a distanza, che non equivale ad assegnare compiti a casa.

E invece in cosa consiste?

Prevalentemente nell’utilizzo degli strumenti tecnologici, quindi pc, tablet ed eventualmente anche smartphone, piattaforme online e wall classroom, nelle quali caricare materiale, video, compiti e consegne. C’è inoltre la possibilità di fare lezioni in videoconferenza con l’utilizzo di Google Meet, e abbiamo il già noto registro elettronico. Agli studenti è stato chiesto di accedere con il proprio indirizzo istituzionale, predisposto dall’animatore digitale della scuola. C’è forte la consapevolezza che non sarà semplice questo radicale cambiamento delle modalità di insegnamento e di apprendimento, così come è molto chiaro che per alcuni alunni la possibilità di connessione è agevole, per altri può esserlo meno. Però ci deve essere uno sforzo di tutti, docenti e studenti, per restare in contatto e non disperdere il lavoro fin qui fatto in aula. L’insegnamento in presenza, per le relazioni che si instaurano, le dinamiche tra pari e del gruppo e l’empatia, è un’altra cosa, ma dobbiamo utilizzare al meglio il tempo e questa può essere una grande occasione per familiarizzare con gli strumenti della modernità.

I contagiati in Emilia Romagna hanno superato le 500 unità, è la seconda regione più colpita dopo la Lombardia. Che clima si respira lì?

C’è paura, tensione, dubbio, preoccupazione. La chiusura ulteriore ha scatenato ancora di più questi sentimenti. Negli ultimi giorni ho avuto la possibilità di confrontarmi con varie persone del posto: gestori di bar, genitori, commercianti. Gente comune. Ci sono due scuole di pensiero: per alcuni bisogna andare avanti senza farsi sopraffare dall’allarmismo, un’altra parte è molto preoccupata per l’aumento dei contagi e quindi per l’incolumità di familiari che magari hanno già un quadro clinico complesso.

Vivi in un paese classificato come area interna proprio come l’Alta Irpinia. Come stanno affrontando l’emergenza?

Con un livello molto alto e diffuso di efficienza. Le misure adottate sono le stesse del resto del Paese e tutto sta funzionando. Credo che per qualsiasi territori sia una fase complessa da gestire, ma l’Emilia sta facendo il massimo che potesse fare. 

 

Paola Liloia

Classe 1985, laureata alla Sapienza in Editoria, Comunicazione multimediale e Giornalismo. Ha collezionato stage in uffici stampa romani (Confapi, ministero per la Pubblica Amministrazione, Senato) e collaborato con agenzie di comunicazione, quotidiani online locali e con il settimanale "Il Denaro". Ama la punteggiatura. Odia parlare al telefono e i tacchi. Ama l’Inter e le giornate di sole.

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