Lacedonia, Nostra Signora dello Zafferano

Trasferirsi dal Friuli Venezia Giulia a Lacedonia (Avellino) e mettere su un’azienda agricola di coltivazione di zafferano ed erbe officinali sembrerebbe fantascienza. Sembrerebbe ma non lo è. Quello che segue non è la storia di una persona, ma l’ambizioso progetto in itinere di un’imprenditrice molto caparbia e determinata. In questo lembo di Irpinia dove è già Puglia, i terreni argillosi e non molto fertili sono stati da sempre e lo sono tutt’ora appannaggio della cerealicoltura. Qui, alle porte dell’Irpinia d’Oriente, anche la componente sociale, culturale ed economica è arida verso nuove prospettive di sviluppo, nella fattispecie verso nuovi scenari di riconversione delle produzioni agricole. Con la pubblica opinione ancora ancorata al mito dell’industrializzazione top down, qui dove l’area industriale del Calaggio è ferma da anni, con qualche ridimensionamento di alcune aziende e la chiusura di altre, la fertilità di nuove idee e di nuovi spiriti imprenditoriali è pressoché limitata, con l’economia ancora basata sull’agricoltura cerealicola dei grandi latifondisti.

In Friuli, sul confine con l’Austria, invece, terre molto povere hanno però dato da sempre da vivere ai contadini, anche con coltivazioni molto particolari e di nicchia, come quelle delle spezie e delle erbe. E’ da questa osservazione dei luoghi in cui è nata Germana Puntel, la nostra imprenditrice, che prende vita il suo progetto di impiantare a Lacedonia le piante officinali e in particolare lo zafferano.  La scelta di Lacedonia non è casuale ma è determinata dal trasferimento da Torino a Foggia del marito lacedoniese. Lei decide di seguirlo e non appena giunta nel comune altirpino, dalla sola osservazione delle campagne e dalla disponibilità di alcuni appezzamenti di proprietà della suocera, incolti da trent’anni, intuisce che qui è possibile fare nuova agricoltura.

Il passaggio in Abruzzo e la visione dei campi ivi coltivati di zafferano sono solo l’incipit della sua intuizione. Unendo le sue conoscenze pregresse con lo studio dei fattori climatici e della composizione dei terreni in agro di Lacedonia, dopo aver ricevuto un parere negativo dal Dipartimento di Agraria dell’Università di Foggia sulla fattibilità della coltivazione dello zafferano, decide comunque di impiantare ben tremila bulbi per un primo campo sperimentale. Risultato deludente e negativo.

Ma Germana, ostinata e consapevole che qui si possa coltivare l’oro rosso, nonostante il riscontro empirico del primo anno e la precedente esperienza di un campo di erbe officinali nel lontano 2005 andato male per altri fattori, decide di reimpiantare il tutto, cambiando alcune cose: dalla scelta del terreno, dalla sua composizione, dalla coltura precedentemente ospitata, dall’esposizione al sole, dalla disposizione dei filari, al drenaggio ma anche ai metodi di raccolta. Con una rotazione costante, soprattutto alternando lo zafferano alle leguminose, che rilasciano molta componente organica al terreno su cui sono coltivate, e con l’eliminazione manuale, quindi non meccanica o chimica, delle erbe infestanti, con una coltivazione prettamente manuale dei bulbi, dalla semina alla raccolta e di nuovo al semenzaio, riesce ad ottenere ottimi risultati. Ottimi risultati, che attraverso le analisi sia del terreno che del prodotto, portano al riconoscimento prima della certificazione bio dell’ICEA (Istituto per la Certificazione Etica ed Ambientale) e poi quelle ISO, che per le qualità organolettiche eccezionali del prodotto (in base al livello di crocina, crocetina, safranale, picrocrocina e umidità) gli riconoscono il livello massimo, Categoria 1, della scala merceologica. Antiossidante e vitaminico ( vitamina A, molte del gruppo B e la vitamina C), lo zafferano italiano, in generale, per le sua qualità di natura chimica da una parte e per essere trasformato interamente da abili mani,  è considerato uno dei migliori al mondo. Se a questo aggiungiamo che la coltivazione, prima, e la lavorazione, poi, Germana le realizza prettamente a mano e da sola, con cura molto certosina, si comprende bene l’importanza di questo prodotto.

La semina avviene in agosto e il raccolto in autunno, pochi mesi ma di duro e intenso lavoro in qualunque condizione atmosferica. Cinquecento metri quadri coltivati ma destinati ad aumentare, circa dodicimila bulbi impiantati, estirpazione manuale delle erbacce ogni dieci giorni, raccolta nelle ore più fredde e umide del mattino per cogliere il fiore ancora chiuso, asciugatura dello stesso dalla rugiada, separazione degli stimmi dai petali rigorosamente a mano (duemila fiori ogni cinque ore), successiva essiccazione artigianale in forno a quaranta gradi centigradi al massimo, con una perdita del peso dell’80% circa, fino ad ottenerne un prodotto perfetto, organoletticamente eccelso e rispettoso dei parametri delle certificazioni. Ecco spiegata la sua rinomata eccellenza gastronomica.

Dal campo alla tavola delle eccellenze il passo è breve. Germana sa che il suo prodotto è un ottimo prodotto, sa pure che non è radicato in questo territorio dove risulta sconosciuto ai più. Vuole però che il suo zafferano, lo “Zafferano Irpino di Lacedonia”, debba appartenere al suo territorio e debba essere un prodotto rappresentativo, anche di facile connubio e integrazione con quelli tradizionali. Decide allora di proporre il suo zafferano ad un guru della ristorazione irpina. La famiglia Fischetti dell’Oasis di Vallesaccarda accetta la sua scommessa ma ne sposa soprattutto il progetto e gli intenti, appena elencati. Da allora, ha stretto partnership con l’azienda olearia Fam di Venticano, con cui produce dell’ottimo olio aromatizzato allo zafferano, e con l’Azienda Agricola Forgione di Rocca San Felice, con la quale stanno realizzando il Carmasciano con pistilli interi di zafferano. A differenza del Pecorino Piacentinu Ennese D.O.P., in cui gli stimmi vengono disciolti nel latte poco prima della caseificazione, qui invece vengono aggiunti interi nella pasta mentre viene immessa nella fascella. Quattro mesi massimo di stagionatura, per ottenere il massimo risultato dal connubio di questi due eccezionali prodotti. In questi giorni, con Terra Mater di Frigento è partita anche la sperimentazione in alcune confetture di albicocca.

Timo, melissa, origano, lavanda, menta, aneto e altre piante completano il quadro delle coltivazioni che Germana ha scelto per questi luoghi. Progetto ambizioso, ma che ha già testato, è quello relativo al cartamo, o zafferanone, una pianta molto diffusa in India per via del suo potere naturale di colorante sia alimentare (vedi cedrata) che industriale-tessile, oltre che addensante in pasticceria. I suoi semi sono ottimi per la biomassa e producono dell’olio dalla bassissima percentuale di acidi grassi saturi.

Il progetto però più grande e ambizioso di questa dinamica e determinata donna friulana è allargare a più persone la sua passione e professione per poter un giorno non troppo lontano costituire come in altre realtà (Toscana, Umbria, Abruzzo, Sardegna) dei consorzi o delle associazione dei coltivatori di zafferano irpino. Lavoro da trasmettere e consigliare ai giovani volenterosi e caparbi, perchè in Irpinia in questo momento il tempo è favorevole ad una riconversione agricola, afferma Germana.

Martedì 7 luglio alle ore 19,00 nella sede municipale del Comune di Vallesaccarda (dove proprio Germana ha dato il via ad un altro campo sperimentale lo scorso anno) ci sarà con lei un pubblico incontro divulgativo sulla possibilità di nuove agricolture, all’interno del progetto “Agricoltura di Comunità”, fortemente voluto e portato avanti dall’amministrazione Archidiacono.

Francesco Cataldo

Factotum in cultura e turismo, web content editor e social media manager. Blogger, cuoco, beerhunter, homebrewer. Casalingo, aspirante precario.

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  • Salve, interessante articolo. Come posso mettermi in contatto con la signora Germana?

  • Salve molto interessante l iniziativa avrei il piacere di conoscere la Sig germana grazie

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