Essere proprietario di un ristorante, di un bar, di un pub e di una qualsiasi attività che da oggi potrà riaprire i battenti è una bella rogna. In Campania pare lo sia ancora di più. Un weekend all’insegna della speranza e dello stress per i vari esercenti, costretti a una lunga maratona tra decreti e ordinanze. Quelle della Regione Campania sono arrivate nella serata di domenica, a poche ore dalla fine dell’italico lockdown ma a pochi giorni dalla fine di quello regionale (previsto per giovedì 21 maggio, quando ci si potrà sedere al tavolo di una pizzeria).
Già questo differimento è un primo elemento di confusione per bar e ristoranti, e non è poco. Se poi ti addentri nel contenuto delle disposizioni il caos non diminuisce, anzi. Basta andare alla fine del testo inviato dagli uffici di Napoli e guardare le figure coi tavolini e il plexiglass. Sì perché “le immagini sono puramente indicative”. Crisi di panico generalizzata!
I dipendenti dovranno essere sottoposti al termoscanner per la misurazione della temperatura corporea. “E dove si compra? Quanto costa?”, si chiedono in molti. E passando alle norme valide in tutta Italia vogliamo parlare del registro che certifichi la presenza del cliente, coi nominativi da conservare per 14 giorni? Autocertificazione? Va bene. E la privacy? E’ mai possibile che il ristoratore debba avere i dati dai clienti? E poi, dove si conservano? E la app Immuni che fine ha fatto? I tavoli con le loro distanze restano il primo rompicapo, ma di sicuro non sarà l’unico. La serie di disposizioni è una strada lunga e tortuosa. Si fa riferimento ai guanti monouso, che purtroppo già stanno invadendo le nostre vie. Al consumo al banco e via dicendo…
I parrucchieri hanno trascorso la domenica al telefono con i clienti per organizzare la tabella di marcia. Ingressi contingentati, distanze da rispettare e quindi appuntamenti scaglionati nel tempo e nello spazio. Mascherina e guanti, gel igienizzanti. Ma le visiere si appannano peggio degli occhiali e coi phon accesi è una battaglia, anche solo respirare. Sforbiciare con i guanti un altro problema. Alcuni hanno i metri quadrati per poter accogliere un solo cliente: ingresso, freccia a terra che indica la poltrona, passo a destra e c’è la cassa da cui tenere la distanza di un metro, altro passo ed è l’uscita.
Ma se tutti prima o poi andranno dal parrucchiere, il discorso è un po’ diverso per molte attività (e ci mettiamo oltre a bar e ristoranti anche i cinema, i teatri, le palestre che dovrebbero riaprire tra qualche giorno). Sì perché anche una volta rispettate norme e definito gli spazi, anche una volta accantonati i soldi per sanificare e comprare i dpi, il grosso punto interrogativo riguarda l’utenza. In un luogo come l’Irpinia, che stando alle classifiche dei vari Sole24ore e ItaliaOggi non brilla alla voce spesa per l’intrattenimento, c’è il concreto rischio che la pur sacrosanta paura del contagio induca fette di popolazione a restare a casa o a privilegiare l’asporto veloce.
Un problema doppio per le attività o una garanzia in più per la collettività? Entrambe probabilmente, ma mentre non si può costringere nessuno a uscire (e meno male!) si possono sicuramente auspicare regole più chiare per chi oggi si rimette al lavoro.
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