Le ‘rovine nascoste’ della Avellino-Rocchetta

Il treno si fermò l’ultima volta nella stazione di Conza-Andretta-Cairano. Estate 2016, Sponz Fest, in una meraviglia architettonica tenuta e curata benissimo anche senza i riflettori accesi della manifestazione. A partire dal cavalcavia che si vede nella foto inizia invece la foresta di rovi e degrado che porta poi fino alla stazione di Lioni, altra struttura riqualificata. E’ questo, Conza-Lioni, il tratto ferroviario della Avellino-Rocchetta Sant’Antonio su cui la Regione punta con due milioni di euro. Freschi freschi. Per circa quindici chilometri. Due milioni sono molti? Non esattamente, almeno a giudicare ciò che si trova nel mezzo.

 

La prima stazione ad Ovest di Conza è quella di Morra-Teora. Si trova a ridosso del nucleo industriale di Morra De Sanctis e non è immediatamente visibile dalla strada principale. In effetti, ad eccezione di Lioni, tutte le stazioni sono decisamente distanti dai centri abitati. Questa rappresenta la criticità principale in ottica turistica. “Sarà compito di Rfi ridare una dignità alle stazioni“, spiega Pietro Mitrione, l’anima della battaglia per la riapertura della ferrovia. “Ha la competenza non solo sugli stabili ma anche sulle strade di accesso e sui piazzali“. Poi, è chiaro, toccherà ai Comuni riempirle di contenuti. “Ma soprattutto – aggiunge Mitrione – bisognerà organizzare per portare i visitatori dalle stazioni al centro dei paesi. Sarà il principale compito delle amministrazioni per i prossimi appuntamenti che noi speriamo siano sempre più frequenti e mirati“.

Torniamo a Morra-Teora. Parliamo di un immobile di dimensioni ridotte che avrà bisogno di una seria ristrutturazione, altrimenti tutto il clamore per il Bicentenario di Francesco De Sanctis e per il prolungamento a fini turistici della ferrovia resterà clamore per studiosi e addetti ai lavori. Se l’edificio è ridotto male, i binari sono messi anche peggio. Una selva che è inaccessibile da entrambi i lati, in una zona che passa sul fiume Ofanto, a pochi metri dall’Ofantina. Sarà interessante capire come riusciranno a metterci mano e soprattutto se i fondi (due milioni) e i tempi (l’estate) saranno sufficienti.

Proseguendo sul lato occidentale si trova la stazione di Lioni-Valle delle Viti. Non si tratta di quella principale. E’ una sorta di Lioni-Ovest. Ma è inserita in una zona meravigliosa e sarebbe un peccato lasciarla così com’è. L’edificio è enorme se pensiamo alla maggior parte delle stazioni della Avellino-Rocchetta. Ma è un gigante disastrato. Una mezza discarica fuori, mentre dentro si può solo immaginare il degrado. L’edificio è infatti chiuso… fortunatamente. Le mura sono “dipinte” da murales e da scritte. C’è un pozzo, televisori ed elettrodomestici sparsi ovunque. Questa è Valle delle Viti oggi. Per l’esposizione al sole e il tipo di terreno era zona di vino, ora non c’è traccia di filari. Una zona periferica ma che guardava a Morra e Sant’Angelo. “I treni in questo punto – racconta Mitrione – sono passati fino al 1990 più o meno. Non sembra, ma questo edificio era un gioiellino. Morra e Valle delle Viti rappresentano i punti più disastrati nel tragitto orientale“. Insomma, anche su dieci-quindici chilometri ci sarà bisogno di un lavoro mostruoso.

Giulio D'Andrea

Direttore responsabile di Irpiniapost, classe 1978, si laurea in Giurisprudenza a Perugia e si perfeziona in Psicologia forense a Genova. Mostra subito insofferenza per i tribunali e soprattutto per le cancellerie. Inizia il percorso giornalistico nel 2006, lavorando su carta stampata, internet e televisioni tra Campania e Lazio. Attualmente collabora con il quotidiano “Il Mattino”. Leggeva molto e suonava anche di più, poi la visione ossessiva delle serie Tv gli ha impedito di continuare.

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