Spettacoli e cultura

Lioni e gli altri, il bonus che cancella i murales

Non è passata inosservata la cancellazione a Lioni del murale di Hyuro, street artist argentina deceduta lo scorso novembre a soli 46 anni. I proprietari dell’edificio che lo ospitava dal 2016 hanno, infatti, deciso di usufruire del Superbonus 110% che prevede, tra le altre cose, la realizzazione del cappotto esterno. Così il murale, dedicato al terremoto del 23 novembre 1980, è stato tombato sotto i pannelli isolanti.

Lo scorso giugno, anche l’opera simbolo del rilancio turistico del piccolo centro di Civitacampomarano in Molise (foto in basso), era stata distrutta dal bonus facciata. In quel caso il padrone di casa era pure sindaco del luogo ed è stato travolto dalle polemiche. Ma i due episodi non sono destinati a restare isolati. Tutt’altro. Sotto i colpi della riqualificazione energetica degli edifici si prospetta in tutta Italia una strage di murales e non solo.

“Formalmente su una facciata privata, a meno che il proprietario non abbia interesse specifico a conservarla così com’è, non c’è alcun vincolo, quindi è possibile fare questo tipo di intervento. E non c’è modo di opporsi, a meno che non esista un accordo disciplinare a monte, perché il bonus 110 è una misura di interesse pubblico volta alla riqualificazione del patrimonio edilizio italiano”, spiega l’architetto Angelo Verderosa, che aggiunge: “La stessa problematica si sta ponendo anche per l’edilizia minore che caratterizza tanti borghi e centri storici italiani: lesene, paraste, bassorilievi e bugnati, elementi che rappresentano lo stile costruttivo di un’epoca, stanno scomparendo a causa del bonus 110. Le Sovrintendenze stanno denunciando questo massacro del patrimonio storico, ma l’interesse alla riqualificazione prevale”.

Del tema Verderosa si sta occupando anche sulla rivista “Recupero e Conservazione”. “Il punto è che stiamo andando ad apporre delle buste di plastica, polistirolo, su edilizia artigianale o opere d’arte, su materiali naturali. Il risvolto della medaglia è che i cappotti non durano in eterno, anzi. Hanno vita limitata proprio perché elementi estranei alla muratura che quest’ultima rigetta. Tra una ventina di anni ritornerà alla luce tutto ciò che ora viene occultato, bisogna solo attendere”, chiosa ironicamente l’architetto.

Il murale di Hyuro era un’opera intimistica: braccia femminili di un corpo senza volto, il suo, sorreggevano un’abitazione. La stessa sulla quale Hyuro aveva realizzato il murale, una di quelle rimaste in piedi la sera del terremoto del 1980. A ben guardarlo il suo soggetto restituiva serenità e speranza: la madre terra fa da scudo ai luoghi.

“Il proprietario della parete, per il diritto d’autore italiano, diventa anche proprietario dell’opera. All’artista, invece, appartengono lo sfruttamento economico e la tutela. Questo è l’orientamento che esiste attualmente a livello di street art. Legittimo, quindi, che i proprietari procedano alla copertura del murale per usufruire del superbonus, ma in realtà lo stesso poteva accadere per la semplice ritinteggiatura, che dopo un paio di decenni bene o male si fa”, aggiunge David Ardito, fondatore del Collettivo BoCa che negli anni ha portato grandi nomi della street art a Bonito.

“Gli artisti sono consapevoli, sono pronti a manomissioni o cancellazioni per intemperie. Nel caso di Lioni, l’artista è deceduta e aveva una certa notorietà, si sarebbe perciò potuto fare un tentativo di asportazione dell’opera, previo consenso del compagno. Ma sarebbe stato complesso per dimensioni e costi e, quindi, difficile da praticabile. Ora però si potrebbe fare qualcosa in ricordo”, conclude Ardito.

Per Mario Donatiello, esponente della Fondazione San Gennaro e dell’associazione La Paranza che si occupa di processi di riqualificazione urbana nel quartiere Sanità di Napoli, il dispiacere va di pari passo con la consapevolezza che l’intervento dei proprietari è legittimo. “Non c’è nulla da dire. La street art nasce come una forma espressiva spontanea, illegale, prepotente ed effimera. Sono parole non casuali perché l’artista quando realizza la sua opera sa già che sarà distrutta. Siamo noi a non essere culturalmente pronti di fronte a un fenomeno che per le aree interne è tutto sommato ancora nuovo”, dice l’attivista originario di Lioni.

“Nel rione Sanità lavoriamo a esperimenti di rigenerazione urbana da anni e ogni volta il processo culturale è lo stesso – continua Donatiello -. L’opera viene realizzata, divide, crea dibattito e opinioni discordanti, poi la bellezza persuade, ci si abitua al bello e diventa elemento distintivo del quartiere, un arredo urbano connotante e che funge da leva di cambiamento. Ma che può essere sostituito – aggiunge – perché l’arte è stratificazione e si presta a essere consumata. Un balletto finisce nel momento in cui avviene la performance, ad esempio“.

Ma come si preserva lo sforzo fatto da associazioni e Comuni per creare un’attrattiva turistica in tanti piccoli centri attraverso i murales? “Il segreto è abituare la città, trasformarla in una sorta di spazio nel quale è possibile che dove prima ha trovato espressione Hyuro, poi la trovi Bosoletti o un altro”, conclude l’esponente della Fondazione San Gennaro. Una soluzione cui sta già lavorando Antonio Sena, direttore artistico di Bagout. “Abbiamo affrontato la questione con l’assessore alla cultura di Lioni – dice –. Spesso con l’associazione La Prediletta abbiamo fatto firmare una sorta di scrittura privata che impegna i proprietari a custodire per alcuni anni le opere, ma l’ipotesi cappotto isolante non era contemplata. Non potevamo immaginare l’avvento del bonus. Quindi per il futuro opteremo soprattutto per pareti di proprietà pubblica o case popolari, magari chiederemo pure una consulenza legale”. 

Soprattutto, però, l’idea è riutilizzare le superfici. “Il nostro obiettivo è completare il percorso di murales costruito in questi anni, andando a riempire eventuali vuoti e dando continuità al tour dei visitatori con interventi di rigenerazione. Quindi – spiega – se un muro venisse coperto o si degradasse, trasformando l’opera in un feticcio, ritorneremo a utilizzarlo. Mi piace sottolineare che Tamara, in arte Hyuro, è scomparsa prematuramente l’anno scorso e simbolicamente è come se Lioni avesse seppellito anche la sua opera. Un giorno magari, tra qualche decennio, quel muro potrebbe tornare alla luce e restituirci il murale come accaduto con Keith Haring ad Amsterdam”, conclude.

 

Paola Liloia

Classe 1985, laureata alla Sapienza in Editoria, Comunicazione multimediale e Giornalismo. Ha collezionato stage in uffici stampa romani (Confapi, ministero per la Pubblica Amministrazione, Senato) e collaborato con agenzie di comunicazione, quotidiani online locali e con il settimanale "Il Denaro". Ama la punteggiatura. Odia parlare al telefono e i tacchi. Ama l’Inter e le giornate di sole.

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