La storia è lì sulla collina. A strati. Da Roma all’800, dalla civiltà contadina al terremoto del 1980. Compsa, Conza vecchia, diventa oggetto e caso di studio per giovani architetti, nel master guidato da Federico Verderosa in “Architettura e progetto per le aree interne. Ri_Costruzione dei piccoli paesi”, Università Federico II. E’ iniziato da qui il percorso che porterà a un laboratorio, prima. Fino alle idee.
A Conza ne serviranno molte, e non perché il luogo sia privo di potenzialità. L’obiettivo degli amministratori e degli architetti del luogo è infatti quello di far convivere memoria e paesaggio, anche a costo di lasciare visibili alcune ferite del terremoto. Servono le idee perché il perimetro del paese è abbastanza ampio. Lo stesso parco storico divorato dalla natura lasciata libera, con gli scavi da terminare che porterebbero a galla altri reperti: foro, teatro, terme. “Ma non vogliamo operazioni che porterebbero anni di lavori e nessun ritorno per il territorio nel breve e nel medio termine”, spiega l’architetto Maria Rosaria Corona. “Ci basterebbe mettere in sicurezza mura e passaggi, come primo passo”. E per la Corona sul secondo non si sfugge. “Inutile girarci intorno, serve uno sponsor o l’aggregazione con aree archeologiche più importanti“.
Che il parco archeologico sia chiuso è purtroppo cosa nota. Che servano decine di migliaia di euro per mettere in sicurezza i percorsi anche. Che ci voglia un impegno serio e convinto da parte di Comune, Sovrintendenza ed enti preposti è fuor di dubbio. Ma sta quindi nascendo la convinzione che ci voglia una scintilla per far ripartire il tutto. Parliamo di un’area rimasta aperta solo per pochi anni, dopo due decenni di lavori curati, tra gli altri, dal compianto architetto Donato Tartaglia. Vent’anni di lavori e milioni di euro, a cui vanno ad aggiungersi i fondi utilizzati per riqualificare la zona di accesso alle rovine.
A fine agosto intanto, e non è la prima volta, l’università di Tubinga sarà a Conza per valutare degli studi e scavi. C’è poi la partecipazione alla Rete dei borghi abbandonati, che doveva portare alla visibilità in occasione di Matera 2019. Si procede a rilento però. I presenti commentano: “Arriveremo anche in questo caso in ritardo”. Il terremoto nel bene o nel male ha dato a Compsa l’occasione per ritornare a nascere, ma potrebbe diventare anche la chiave per rivivere. “Le stratificazioni di questo luogo, assieme alla particolarità storica del sisma, sono il tratto distintivo. Questo può essere un laboratorio anche per la prevenzione dei terremoti”, chiude l’architetto Corona.
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