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Mazzone: ‘Dal Progetto Pilota si scappa. Si rischia di perdere l’ennesima occasione’

Di Claudio Mazzone, segretario circolo Pd “Teresa Mattei” di Senerchia

Il Progetto Pilota per l’Alta Irpinia è una delle sperimentazioni più interessanti di sviluppo locale applicato alle zone interne. La nostra terra ha avuto la capacità di essere il centro di questa nuova modalità di organizzazione territoriale che sarebbe potuta diventare un esempio da seguire per le altre zone d’Italia che vivono i nostri stessi problemi. I 25 comuni coinvolti, oltre a condividere un’appartenenza geografica, avrebbero dovuto riscoprire le fondamenta di una comunità che si riconosce in una storia, ma soprattutto, in un futuro condiviso. L’idea alla base di questo visionario progetto era quella di mettere i servizi dei vari comuni in sinergia, condividendone non solo gli scopi ed i fini ma l’intero sistema di organizzazione degli stessi.

La novità eccezionale che ci si occupasse, finalmente, di sanità, di istruzione e di mobilità creando quelle sinergie istituzionali tra i vari enti cruciali, per iniziare davvero a creare servizi su scala territoriale più vasta così da rompere l’isolamento comunale nel quale ci siamo rinchiusi per troppi decenni, era un’idea che metteva alla prova, non solo una classe dirigente, ma l’intera comunità altairpina.

Purtroppo ci siamo dimostrati impreparati, i nostri rappresentanti, troppo spesso accecati da canoni di ragionamento che si fermano alla spartizione e alla gestione del potere, non hanno ragionato con uno spirito intelligente e coerente con quello del Progetto.

Pochi passi sono stati fatti, e pochissima discussione c’è stata, se non quella strumentale a lotte di potere che poco hanno a che fare con la creazione di quel sistema condiviso che potrebbe essere il vero tessuto sul quale permettere ai nostri borghi di tornare ad essere attrattori di investimenti.

La discussione per troppi mesi si è ridotta a sterili polemiche tra chi questo territorio lo ha già governato per decenni dimostrando di non riuscire ad uscire dall’ottica di appartenenza ai vari campanili, e chi si è spesso nascosto dietro a quei campanili per raccogliere le briciole. Al centro del dibattito sono mancate le comunità, è mancata la voce di coloro che questi territori li vivono e li vorrebbero rendere luoghi nei quali far vivere anche le future generazioni.

Purtroppo davanti all’inefficienza di una struttura che stenta a partire, ma che soprattutto stenta a connettersi con le energie vive che esistono nelle nostre comunità, non si può restare indifferenti. Nei nostri paesi si muore di tagli al welfare, a causa di un sistema sanitario che considera la salute un diritto dei grandi centri urbanizzati. Non esiste un apparato serio di pronto intervento, sono tantissime le ambulanze sprovviste di medico a bordo e di macchinari adatti alla stabilizzazione di pazienti in crisi.

Dai nostri paesi si scappa per l’impossibilità di essere liberi a causa di un sistema clientelare che schiaccia l’iniziativa privata perché al potente di turno fa più comodo gestire le assunzioni dell’ennesima fabbrica decontestualizzata che creare le precondizioni per uno sviluppo economico e sociale serio e duraturo, attraverso il quale rendere i nostri giovani indipendenti e non lasciarli cadere in quella fitta rete di clientele e ricatti che per troppi anni ha bloccato la strada verso il progresso.

Dai nostri paesi si fugge per mancanza di luoghi di formazione, perché le scuole chiudono e li dove restano aperte non riescono a dare un servizio valido e di qualità. Eppure si potrebbe strutturare un’offerta formativa che attraverso la centralizzazione possa rendere il servizio di altissima qualità, coinvolgendo e facendo partecipare tutti i comuni, creando i collegamenti giusti per non lasciare nessuno solo. Molti sono i bambini dei nostri paesi che vivono la scuola come un luogo difficile, con esperienze che non garantiscono la loro crescita sociale e culturale come le pluriclassi e troppi sono gli scolari e gli studenti che svolgono la loro attività scolastica in strutture non a norma e pericolose che in un territorio sismico come il nostro dovrebbero essere abbandonate immediatamente.

Nei nostri paesi si resta isolati perché troppe sono le strade dissestate, pochissimi i mezzi pubblici e le linee garantite. L’idea di riuscire a creare un sistema di trasporto pubblico locale che potesse essere connaturato alla morfologia, all’economia e alle esigenze del nostro territorio, doveva essere la vera sfida per la classe dirigente di questa terra.

Ad oggi il progetto è ancora fermo alla fase di strategia preliminare, non è stato fatto il passo più importante, non si è deciso come, quando e con quali fondi agire. Negli ultimi tempi si è ridotto a luogo di scontro politico, non si ascoltano le comunità e soprattutto non ci sono idee. La città dell’Alta Irpinia rischia di diventare l’ennesima occasione perduta, l’ennesima scatola istituzionale vuota di idee e piena di poltrone.

Per il Partito Democratico poteva essere l’occasione buona per dimostrare di essere un’organizzazione pensante, diffusa e ramificata sul territorio, poteva essere un progetto sul quale impegnarsi e mettere in movimento quei circoli e quelle energie di cui dispone nei nostri paesi. Purtroppo il PD è rimasto alla finestra, gestito, dai soliti noti attraverso i soliti modi, con l’unico obiettivo di utilizzare le poltrone per l’ennesimo gioco di equilibrio di potere che davvero ormai non fa più bene a nessuno.

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