‘Area Pilota, Capossela inconsapevole protagonista’

Lorenzo Corona – Lioni, Torino

“Dietro la siepe si rivelava la meraviglia di un’epoca perduta.”

L’Irpinia per fortuna è molto meglio delle parole che i nostri rappresentanti vorrebbero metterle in bocca. Ha le sue, di parole: semplici e profonde, sopravvive alla nostra miopia vivendo al di là della siepe, affascina i viaggianti perché si racconta da sé.

Il progetto pilota, purtroppo da lontano, appare come la voce dell’Irpinia che si leva leggera, sovrastata dai troppi tromboni che stonano senza riuscire a smettere di rovinare tutto il rovinabile. L’ex ministro Fabrizio Barca ha percepito le potenzialità della nostra terra, forse se ne sarà anche innamorato. Vogliamo illuderci che sia così e non c’è nulla che ci porti a pensare il contrario, ma l’ex ministro è un viandante in cerca di un alloggio, di una casa che possa essere anche la sua, che sia solida e che sia Irpinia.

Nella bozza del progetto pilota c’è tutto quel che deve esserci ed esattamente quel che ci sta. Un inizio è sempre e faticosamente un inizio: andrebbe ascoltato, sorretto, sostenuto. Andrebbe guidato per le umide valli taurine perché solo noi le conosciamo davvero e perché noi conosciamo davvero solo quello, tutto quello che viene da questa terra, tutto ciò che nasconde e che essa ha da offrire, niente di più. Nessuna visione di lungo periodo, nessun progetto salvifico, nessuna capacità di progettare qualcosa che si spinga un po’ più in là del nostro orticello. In ogni senso.

Come costruire, cosa costruire, con quali criteri e quali possibilità è quello che può fare il progetto pilota e quello che deve fare Barca, perché viene da lontano, conosce il mondo e non l’Irpinia. Su cosa costruire, con quali materiali e dove, quello è il nostro compito: nient’altro, come se fosse poco! Ma purtroppo ci sforziamo di essere sempre diversi da quello che siamo, perdendo quel che sappiamo e distruggendolo con quel che non conosciamo.

La frase utilizzata in incipit è di Capossela perché Vinicio ci sta mostrando come ridare alla nostra terra la propria identità. Però ha dovuto farlo da solo, insieme a molti di noi ma in compagnia di nessuno, perché nessuno voleva ascoltare quello che realmente c’era da dire, troppo impegnati a volersi appropriare di questo o di quello, a volere per sé più che per l’altro, a recriminare più che a lavorare. Vinicio però il primo seme del turismo pilota l’ha lanciato, ben al di là di quello che oggi riusciamo a percepire, per fortuna, eppure continua a dover lottare coi finti compagni che tentano di bruciare tutto ciò che si muove un po’ più in là del proprio naso, politici per ego e non per passione.

Il progetto pilota potrebbe essere il passo successivo, perché no?

Continuare a rendere alla nostra Irpinia la propria meraviglia quasi fiabesca è forse il solo modo per ridarle splendore, valorizzandone i fiumi eterni e stuprati, creando alloggi diffusi e ancor più comunità diffuse, costruendo un’impresa che viaggi su ferro e non su ruota, poggiata sull’indiscutibile laboriosità degli irpini. Questo è e può essere il progetto pilota. Ha bisogno però di gambe, perché Barca non è Capossela, non conosce i nostri monti, vorrebbe costruire sogni che hanno bisogno di ponti, ponti che devono essere eretti.

E qui finisce una storia che in realtà non può finire, si torna alla realtà che ci racconta di ponti sospesi e abbandonati, di tristi presagi senza un futuro, perché ci sono troppi ingegneri che non hanno studiato e i manovali coinvolti sono gli unici a non aver mai usato le mani, in una terra di faticatori veri.

Perciò si! il progetto pilota può funzionare perché ha ascoltato e ascolterà e… no! il progetto pilota non funzionerà se si lascerà che a metterlo in piedi, ad osteggiarlo o sponsorizzarlo siano ancora una volta un Salzarulo, un Ciriaco De Mita o un Lucio Fierro, per citare alcuni di quelli già troppo presenti, sempre disponibili a dispensare le proprie universali verità in nome di se stessi. Sono le persone come loro che hanno reso così arida quest’Irpinia. E magari iniziare a dirlo, senza remore né paure, potrebbe essere un passo tardivo ma non del tutto inutile per ricominciare ad amare la nostra terra.

“Chi siete? A chi appartenete? Cosa andate cercando?” è l’Irpinia che ce lo insegna, parte tutto da qui.

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