Regione, stop alle trivelle dove c’è acqua

Stop alle trivellazioni petrolifere nei territori ricchi di acque. E’ questo in sintesi quanto prevede il maxiemendamento al collegato alla Legge di Stabilità, licenziato giovedì dalla commissione Bilancio in Consiglio regionale. La Campania sarebbe pronta a fissare nero su bianco la sua contrarietà alle ricerche petrolifere a tutela della risorsa acqua. Una decisione che riguarda da vicino l’Irpinia.

La provincia di Avellino è infatti interessata da tempo dalle richieste di trivellazioni nell’area di Montecalvo e Casalbore, al confine con il beneventano, e a Gesualdo. Si tratta del permesso Nusco, sul quale ancora non si è definitivamente pronunciato il ministero per lo Sviluppo Economico. Nel 2015 dopo poco l’insediamento della Giunta De Luca, la Campania decise di farsi promotrice assieme ad altre Regioni del referendum anti trivelle. Gli italiani furono chiamati alle urne quasi un anno fa, ad aprile 2016, e per il fronte No Triv non andò bene. Il referendum non raggiunse il quorum, un referendum che tuttavia erano stato decapitato dall’intervento della Corte Costituzionale che aveva ridotto i quesiti in campo a uno solo, escludendo che i cittadini si esprimessero sulle trivellazioni su terraferma e ammettendo solo il Si o No sulle ricerche in mare.

Da allora poco altro. Poi l’inserimento nel maxiemendamento, sulla spinta dei consiglieri regionali irpini, dello stop che il 22 marzo sarà portato in Aula per l’approvazione definitiva da parte del Consiglio regionale. Si legge nel testo: “La Regione Campania , al fine di tutelare e conservare le acque superficiali e sotterranee esistenti sul territorio regionale destinate al consumo umano, vieta la prospezione, la ricerca, l’estrazione e lo stoccaggio di idrocarburi liquidi e gassosi e la realizzazione delle relative infrastrutture tecnologiche nelle aree di affioramento di rocce carbonatiche, così come perimetrate ed evidenziate nella cartografia idrogeologica del Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico dell’Appennino meridionale”. 

La norma riguarderebbe anche Gesualdo e rappresenterebbe un paletto dal quale il ministero non potrebbe prescindere nelle sue valutazioni.

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