Salvatore: ‘Gli amministratori non ci coinvolgono e serve un incubatore di impresa’

Salvatore Casale, Caposele

Sempre più spesso leggo sui giornali turismo-agricoltura-sanità, come se fossero il mantra della salvezza. Turismo-agricoltura-sanità e ultimamente si aggiungono: eolico, ambiente, feste, festicciole di paese e via dicendo. Tutti temi di grande rilevanza e probabilmente conseguenti alle linee di indirizzo del Progetto Pilota. In questi mesi di discussioni serrate, di incontri con sindaci, di delegati comunali, responsabili regionali e funzionari nazionali mi sono sempre chiesto: ma questa gente sa di cosa sta parlando?

L’Irpinia è stata scelta come area di speriIl mentazione perché tecnicamente ricca di risorse, un’industria diffusa che attrae, un patrimonio forestale enorme da utilizzare anche in modalità produttiva, risorse idriche, artigianato di qualità, la presenza di borghi e centri storici di notevole interesse. Le premesse ci sono tutte, ma siamo in grado di guidare un cambiamento di questa portata?

Noto amministratori che difficilmente riescono a creare degli obiettivi comuni utili alla collettività ma guardano al proprio paese come centro del mondo. Associazioni e comitati che vogliono risolvere i propri problemi, tutti degni di nota e magari anche condivisibili… ma forse questo non è lo strumento più idoneo e l’interlocutore più adatto per risolvere queste problematiche. Voler cambiare il destino di questa terra solo con il progetto pilota è un’idea tanto ambiziosa quanto inutile. Questi non luoghi, come li definisce qualcuno, hanno bisogno di una scossa nelle fondamenta: nel sistema clientelare, nell’industrializzazione mordi e fuggi, nel terzo settore carente, nel campanilismo esasperato che si respira in piccole comunità come le nostre.

I giovani sono affamati di opportunità ma preferiscono la carriera di cameriere in una città europea piuttosto che provare a investire e creare in Irpinia. Come dargli torto! Non esiste un incubatore d’impresa, molti amministratori sono restii a sedersi al tavolo con giovani che vogliono progettare, discutere, iniziare dei percorsi di cambiamento, poi è inutile lamentarsi della desertificazione giovanile perché i principali responsabili sono proprio gli amministratori. La domanda da porsi è: siamo in grado di creare le condizioni di base per attuare un progetto di sviluppo mettendo a sistema 20 comuni oppure sarà l’ennesimo spreco di denaro pubblico?

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