Spettacoli e cultura

Scuola, i ‘Si Dad’ irpini: ‘In classe si rischia la salute per una finta socialità’

«Ammettere, come ha fatto la ministra Lucia Azzolina, che le scuole finora siano state chiuse è semplicemente una falsità: le scuole sono sempre state aperte, ma in un’altra modalità. Il diritto all’istruzione può essere garantito, senza per questo minare quello alla salute. Chiediamo di valutare opzioni concrete oltre gli slogan». Elisabetta Festa è co-fondatrice, insieme ad Yvonne Colamarco, della divisione irpina del gruppo “Tuteliamo i nostri figli. Scuole chiuse in Campania”, creato da Lia Gialanella.

Il movimento è nato sui social network, soprattutto Facebook, ed è cresciuto principalmente grazie al passaparola. Si pone l’obiettivo di raccogliere le istanze di quei genitori, con figli che frequentino scuole di ogni ordine e grado, in totale disaccordo con la ripresa della scuola in presenza. Le ragioni di chi supporta convintamente la continuazione dell’anno scolastico con lo strumento della Didattica a Distanza si basano certo sui dati – ancora preoccupanti – della diffusione del contagio ma anche su riflessioni che riguardano il contesto generale di una situazione che resta emergenziale.

«Abbiamo la fortuna di poter utilizzare qualcosa che in altre epoche storiche, con altre emergenze, era impensabile. La DAD è uno strumento efficace e salvavita. Ci chiediamo, quindi, perché costringere a tutti i costi ad un rientro in presenza, mettendo a rischio non soltanto i ragazzi, ma tutta la comunità. Ogni giorno ancora sentiamo di centinaia di vittime da coronavirus e, contemporaneamente, la comunità scientifica ha chiarito che la scuola non è totalmente sicura di per sé, a prescindere dalla pur annosa questione dei trasporti. Le misure messe in campo non sono adeguate, Basta un solo contagio, e si pregiudica tutta la catena di prevenzione messa in atto fino a quel momento». Festa e gli altri iscritti ritengono che «non si può accettare che la cosa venga gestita con un “intanto si torni, staremo a vedere come va”. Bambini e adolescenti andrebbero ogni giorno in aula, ognuno con il proprio specifico sistema immunitario da mettere alla prova contro un virus che colpisce in maniera totalmente diversa in base al caso. E, oltre ad essere esposti in prima persona, sarebbero facili veicoli virali per i loro parenti, magari per le persone anziane con cui si trovano a condividere le abitazioni. Il tutto, mentre già si parla di una possibile terza ondata».

Il gruppo “Scuole chiuse ad Avellino” parte dal presupposto che soprattutto insistere sull’aspetto emotivo del rientro è mendace, in quanto «non si considera che la ritrovata “socialità” sulla quale tanto si preme per riaprire le classi è falsata. Lo abbiamo potuto esperire al primo tentativo di rientro, lo scorso settembre. I ragazzi non potevano nemmeno passarsi una penna, né avvicinarsi l’uno all’altro. Adesso, poi, si parla anche di far tenere loro la mascherina tutto il tempo. La vera socialità è scherzare insieme, stare vicini. Perciò, mettere a repentaglio la salute di tutti in nome di una “finta serenità”, ci sembra davvero troppo». Anche l’idea di sottoporre i ragazzi a costanti controlli, per esempio a periodici tamponi, non convince: «A parte che è ancora da verificare la possibilità di procedere effettivamente in questo senso ma, così facendo, non si farebbe altro che peggiorare l’esperienza del rientro già provata da tutte le restrizioni, trasformando le scuole in presìdi ospedalieri e sottoponendoci ad attese ancora più logoranti. Pensiamo che, fino quando non si sarà entrati a pieno regime con la campagna di vaccinazioni e verrà raggiunta l’immunità di gregge, un rientro sereno è impensabile». Insomma, gli appartenenti di “Tuteliamo i nostri figli” non vogliono aspettare eventuali casi di positività tra i ragazzi, quarantene e misure a posteriori, ma prevenire.

Inoltre, non sottovalutano le condizioni chi ha avuto problemi con la DAD e, anzi, invitano le istituzioni a concentrarsi proprio su questo invece di continuare a scommettere su riaperture a singhiozzi: «Personalmente, l’esperienza di mia figlia con la Dad è ottima. La sua scuola, una secondaria di primo grado di Avellino, ha messo immediatamente in condizioni gli alunni di studiare e non ci sono state carenze di connessione o dispositivi, ma sappiamo che non è così per tutti. Allora chiediamo a chi di dovere di intervenire proprio in questa direzione, e impegnarsi a risolvere tali situazioni. Soprattutto perché erano problemi già conosciuti. Ma la soluzione non può essere l’imposizione del rientro in una fase ancora delicata, dove non ci sono certezze». Infatti, una proposta che il gruppo intende portare ai tavoli istituzionali è quella della possibilità di scelta: «Chiediamo di poter decidere. Chi se la sente, chi riscontra problemi con la DAD o con l’organizzazione familiare, deve poter rientrare a scuola. Ma, allo stesso modo, chi preferisce aspettare, chi non vuole mettere a rischio componenti familiari più fragili, chi sta ricevendo dalla DAD un’esperienza comunque costruttiva che non lede la preparazione scolastica, non può essere obbligato. Si può fare, perché il governatore della Puglia Michele Emiliano sta agendo in questa direzione».

In che modo portare avanti queste istanze e far sentire la propria voce, è al momento in fase decisionale: «Si stanno vagliando diverse proposte, insieme». Da uno “sciopero della presenza” per tre giorni ad eventuali mobilitazioni, tutto è in divenire. Quello che è certo, è che il gruppo aumenta sempre di più: «Il contenitore regionale ha superato le 28.000 unità, e in Irpinia, a meno di una settimana dalla creazione siamo vicini ai 300. Chiediamo ascolto e considerazione, come genitori preoccupati per la salute dei nostri figli, e della comunità tutta».

Rosaria Carifano

Giornalista nonostante tutto, autrice per caso. Insegno danza e cerco cosa abbiano in comune un corvo e una scrivania.

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