Celebrare l’Happennino superando la nicchia, il modello Marche

Immagine non disponibile

Aree interne come luoghi di cultura. Sono diversi gli esempi ormai in tutta Italia di manifestazioni ed eventi in location un tempo impensabili, lungo la dorsale appenninica, lontane dalle metropoli. In Irpinia l’esempio più famoso è lo Sponz Fest di Vinicio Capossela, che quest’anno oltre a Calitri avrà una costola reggiana.Nelle Marche sta facendo molto parlare di sé Happennino. Frutto dell’amicizia traVittoria Podrini, Francesco Martinelli e Andrea Angelini,tre giovani cresciuti insieme a Sant’Angelo in Vado che quattro anni fa hanno messo su il loro festival. Ma quanto iniziative come questa segnano in positivo un territorio? Ne abbiamo discusso con Vittoria, studi tra le università La Sapienza e Luiss, bel curriculum alle spalle e da qualche tempo tornata a vivere a Pesaro. Vittoria, cosa è Happennino e come è nato? E’ nato mentre io ero ancora a Roma nel 2017. Con Francesco e Andrea ci conosciamo da bambini, abbiamo studiato tra Bologna e la capitale e attualmente io mi occupo di brand ed eventi, Andrea è giornalista per il Resto del Carlino, Francesco lavora nella divulgazione scientifica e ha seguito pure la programmazione musicale di un locale della zona. Happennino è la risposta a una domanda: cosa si può fare per aumentare l’attrattività dei nostri borghi e il benessere dei giovani, soprattutto di cui vive qui? Perché troppo spesso si pensa ai territori interni in termini nostalgici, puntando tutto su tradizioni e sagre. Per carità, ben vengano! Ma oggi si deve raccontare e animare il territorio in maniera diversa. Allora abbiamo deciso di provare noi a far accadere qualcosa in questi luoghi ai margini. Happennino deriva dall’inglese to happen, appunto. Far accadere qui un evento o un concerto che saremmo andati a vedere altrove. Il nostro è un festival diffuso, che abbraccia un territorio di quattro paesi dell’Unione montana Alta Valle del Metauro, che presto potrebbero diventare cinque. Insieme questi paesi (Peglio, Sant’Angelo in Vado, Mercatello sul Metauro e Borgo Pace) non arrivano a 9mila abitanti. Noi ci siamo detti subito che fare rete era fondamentale perché se io sono piccolo, resto piccolo e non vado da nessuna parte. Oltre a essere diffuso, il festival è multidisciplinare con una programmazione molto varia: trekking, teatro, concerto, approfondimenti. L’obiettivo è parlare a tre generazioni diverse, essere inclusivi, non radical chic o di nicchia. Già siamo una nicchia! Il limite di questo tipo di eventi è che sono concentrati nel periodo estivo. La luce si accende in quei giorni e poi per il resto dell’anno i piccoli paesi tornano dormienti. E’ vero. Happennino si tiene nel primo weekend di settembre. Noi siamo partiti per scommessa, ma stiamo ottenendo risultati importanti dal punto di vista qualitativo e quantitativo. Per questo dopo le prime due edizioni con la formula one shot su tre giornate, abbiamo deciso di introdurre degli eventi “pop hap”, anche qui giocando con le parole. Siamo consapevoli dell’effetto buono di disseminare iniziative in vari periodi dell’anno. Nel 2021 ad esempio abbiamo due finestre: oltre a settembre, si è concluso l’altro giorno il progetto “Happennino” di Dante partito lo scorso maggio e che il 15 giugno ci ha visti protagonisti di una call to action sul pane di Dante, grazie a una ricetta elaborata per noi da uno chef locale. Siamo delle mosche bianche, lo facciamo per passione, ci impegniamo, ma c’è tanto lavoro da fare ancora. In termini sistemici il cambio di paradigma non c’è stato, ma vedere che forni, agriturismi e strutture ricettive cercano un dialogo con noi è sicuramente incoraggiante. Al Sud si rimprovera la scarsa attitudine all’investimento privato, la tendenza a legare ogni iniziativa intrapresa alla presenza di un finanziamento pubblico. E’ una criticità rintracciabile anche nel resto dell’Appennino? Purtroppo sì. Non nascondo che questo festival si regge per la maggior parte su contributi pubblici dell’Unione montana e dei Comuni. Il privato giustamente deve stare attento a non far il passo più lungo della gamba, noi stessi stiamo ragionando così. Ma stiamo cercando di coinvolgere anche aziende della zona e ci auguriamo che il nostro progetto venga compreso decidendo di investire in un discorso culturale. Prima parlavamo del pane di Dante. La cultura può essere da sola un riattivatore delle aree interne o senza fabbriche e cantieri difficilmente si crea reddito e quindi si ferma lo spopolamento? Servono l’una e l’altra cosa, sono una la faccia dell’altra. A mio avviso, la cultura viene prima: ha a che fare con le domande che ti fai, il lavoro mette in condizione di costruire le risposte. Viaggiare, formarsi, desiderare un certo dinamismo o stile di vita sono fortemente connessi al tema dell’occupazione. Si mangia più con l’industria, non lo nego, però la cultura deve stimolare ricerca che, se non c’è, non produce altro su un territorio e il lavoro si riduce. Tutto deve essere setacciato dalla cultura. Se io sono capace oggi si trasformare qualcosa in un brand, lo devo alla mia competenza, frutto di quanto dicevamo prima. Ho il piacere di lavorare con dei professionisti, e spesso nelle aree interne c’è un gap di professionalità, mancata o non ricercata. La cultura diventa capitale con il quale fare le cose mettendo al centro l’uomo. Happennino ha come location borghi non inseriti nella Strategia nazionale aree interne, ma limitrofi a un territorio individuato come tale. Che idea ti sei fatta in questi anni della Snai? La Snai non ci ha riguardati, non posso rispondere quindi nel merito. Sono sicuramente fondi essenziali per lo sviluppo e la pianificazione, che però per scaricare bene a terra devono essere investiti in una progettualità pubblico-privata. Io credo molto in questa sinergia, fondersi con esperienze dal basso aiuta a evitare progetti fallimentari, che non producono niente in termini di occupazione, di cultura e innovazione. Se vogliamo reale cambiamento dei nostri territori, politica/istituzioni devono dialogare con quanto si muove su un territorio dalle imprese alle associazioni.