Industria, si riscrive l’ovvio aspettando la riforma Asi

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Va bene puntare su agricoltura e turismo per risollevare le sorti economiche e demografiche dell’Alta Irpinia, ma nel perimetro dell’area pilota cadono ben7 aree industrialinate nel dopo terremoto. Un’evidenza dalla quale il preliminare di Strategia del Progetto Pilota Alta Irpinia non poteva prescindere. E infatti, oltre a parlare di agricoltura di qualità, di ambiente, di risorse culturali e turistiche, nel documento firmato giovedì si parla pure di industria. La città dell’Alta Irpinia è una “comunità operosa”, per citare i sindaci-piloti che hanno redatto il preliminare. Una comunità operosa che innova, forte di una cultura imprenditoriale consolidata, di una buona specializzazione manifatturiera e di manodopera qualificata. Innova nei processi e nei prodotti, ma nel rispetto delle vocazioni del territorio. Con qualche decennio di ritardo, verrebbe da dire, l’Alta Irpinia scrive nero su bianco l’ovvio e cioè che le sue aree industriali devono far sistema con il territorio sfruttandone vocazioni e potenzialità, e che l’ambiente e il paesaggio sono sì asset da difendere e tutelare, ma sono anche fattori di sviluppo. La prima certezza da cui muove quindi il ragionamento sul futuro industriale dell’area dei 25 comuni è che l’Alta Irpinia gode di un notevole patrimonio forestale (che va censito e mappato predisponendo un modello di governance efficace, anche pubblico-privato), risorsa per eccellenza per la filiera del legno. Partendo dall’esperienza positiva di alcune aziende dell’area industriale di Calitri e sfruttando altre significative presenze del settore sul territorio campano, gli sperimentatori del Progetto Pilota vedono nell’industria del legno uno dei motori della futura economia altirpina. A proposito di motori, nel preliminare firmato giovedì si cita laEmadi Morra de Sanctis e il progetto PoEma. Una tipologia di industria calata dall’alto, come molte altre, ma che a differenza di tante altre qui ha attecchito e oggi rappresenta una solida realtà. E l’esperienza del progetto PoEMA non a caso viene presa a interlocutore di riferimento“per la definizione di percorsi di alternanza scuola – lavoro nel campo delle professioni connesse all’innovazione tecnologica”.Oltre alla Ema, il preliminare cita pureAltergon e Acca Software. La seconda certezza da cui muove il ragionamento degli amministratori-innovatori cimentatisi nella redazione della bozza di Strategia è che sul territorio altirpino insistono produzioni agricole interessanti e realtà dell’agro-alimentare valide (vedi Ferrero) che possono fare da traino ad altre esperienze. E’ con quella che tecnicamente viene definita agro-industria che magicamente contadini e fabbriche entrano a far parte di un circuito virtuoso in cui l’agricoltura non esclude le fabbriche e l’industria non esclude i campi con“imprese che impiegano prodotti agricoli e zootecnici di qualità locali”nati dalla collaborazione con i centri di ricerca. Accanto alle certezze, il preliminare della Strategia evidenzia anche almeno due criticità relative alle infrastrutture per l’agroalimentare. Da una parte la carenza di strutture per la logistica, dall’altra l’assenza di una catena del freddo“che rende difficile la spedizione di prodotti deperibili, quali i formaggi, in estate”. Realizzare infrastrutture per la logistica, riqualificare e rendere di nuovo funzionali i lotti dismessi, realizzare piattaforme a supporto del ciclo integrato dei rifiuti, sono quindi alcuni degli interventi cui il preliminare guarda per favorire il ripopolamento delle aree industriali altirpine. Attirando nuovi investitori o “convincendo” le imprese artigianali locali a delocalizzare. L’obiettivo ultimo, oltre a quello di vedere aumentare il numero dei capannoni attivi e quello degli occupati, è adeguare le aree industriali attraverso“l’introduzione di modelli gestionali più efficienti, innovativi e ambientalmente sostenibili, tendenzialmente orientati verso il paradigma tecnologico ed organizzativo delle “Aree Produttive Ecologicamente Attrezzate”. Cioè di insediamenti produttivi a “ciclo chiuso” dove, così come avviene in natura, tutti i prodotti del processo produttivo (scarti compresi) diventano materie prime di un altro processo. Queste APEA si realizzano almeno in due modi, si legge sempre nel documento dei sindaci: con sistemi di depurazione delle acque innovativi e prevedendo criteri di preferenza nell’assegnazione dei fondi 2014-2020 per sostenere la riconversione dei capannoni dismessi in Ecoindustrie e Agroindustrie. Premesso che le APEA figurano dal 2013 nella riforma delle Asi di Caldoro (!), molte delle belle cose di cui sopra dipenderanno proprio dal ruolo delConsorzio Asi cosi come uscirà riveduto e corretto dall’ennesima riforma in corso, quella a firma dell’assessore Amedeo Lepore.