Lavoro, passato il DECRETO SCHIAVI: aboliti gli orari fissi | Non te ne puoi più andare all’orario preciso

Operaio stanco al lavoro

Operaio stanco (Canva) IrpiniaPost.it

Nuove regole e vecchi problemi: cosa succede quando il dovere di restare al lavoro incontra la realtà di chi conta i minuti.

Quanto deve essere seguito davvero l’orario di fine turno? È un limite invalicabile o solo un’indicazione elastica?

Il dibattito si accende, perché dietro la rigidità di un cartellino c’è la vita quotidiana di studenti e lavoratori.

Tra chi rivendica i propri diritti e chi invoca il senso di responsabilità, la questione tocca nervi scoperti.

Un recente episodio avvenuto in Lombardia dimostra come la linea tra regole e buon senso sia sottile.

Quando l’orario diventa un confine fragile

Ogni giorno milioni di lavoratori contano le ore, guardano l’orologio e attendono quel momento in cui il turno termina. Ma il confine tra dovere e diritto spesso si fa labile. Per alcuni, l’uscita precisa è un traguardo sacrosanto, mentre per altri prevale l’idea che la prestazione vada conclusa, anche oltre il tempo pattuito (in molti sui social hanno sollevato il problema citando un fantomatico “Decreto Schiavi”, per cui sarebbe più importante il lavoro del diritto del lavoratore).

Le regole, i contratti e le direttive ministeriali cercano di dare ordine, ma la vita reale è più complessa. Non si tratta solo di timbrare un cartellino: dietro c’è l’affidabilità di un servizio pubblico, l’attesa di chi dipende da quel lavoro e, a volte, la sicurezza stessa delle persone. Quando la responsabilità professionale incontra la stanchezza o la rigidità normativa, lo scontro diventa inevitabile.

Operaio
Operaio (canva) IrpiniaPost.it

Il caso del bus fermato e i passeggeri lasciati a terra

A dimostrare quanto questa tensione sia concreta, c’è l’episodio avvenuto mercoledì 24 settembre 2025 su un pullman della linea Z702. L’autista, arrivato al limite del turno, ha deciso di fermare il mezzo alla rotatoria tra via Di Vittorio e via Cavallotti, aprire le porte e far scendere una cinquantina di passeggeri, tra studenti e lavoratori, senza raggiungere il capolinea. Alla richiesta di spiegazioni, avrebbe risposto secco: “Ho finito il mio turno”.

Nessun guasto tecnico, nessuna emergenza: solo l’esigenza di rispettare rigidamente l’orario. Tra i passeggeri, anche un quattordicenne che utilizza quotidianamente la linea per recarsi a scuola. Suo padre ha denunciato l’accaduto all’Ufficio relazioni con il pubblico dell’Atm, sottolineando lo sconcerto per un comportamento che contraddice i principi etici di correttezza e responsabilità. L’azienda, dopo aver ricevuto la segnalazione, ha chiesto scusa ufficialmente e avviato verifiche interne, annunciando possibili provvedimenti nei confronti del dipendente. Intanto ha invitato i cittadini a continuare a segnalare disservizi, con l’obiettivo dichiarato di migliorare il servizio. Un caso che riporta al centro il dilemma: è più importante rispettare il turno o garantire fino in fondo la funzione pubblica?