DRAMMA CAPPOTTO TERMICO: se ce l’hai lo devi smontare subito | Da oggi è considerato abuso di suolo pubblico

Cappotto casa

Cappotto casa

Il cappotto termico può trasformarsi da intervento virtuoso a illecito edilizio se invade suolo pubblico o proprietà confinanti.

La corsa all’efficienza energetica ha trasformato il cappotto termico in un intervento comune e apparentemente innocuo.

Eppure, dietro la sua diffusione, si nasconde una questione tutt’altro che marginale: quella dei confini.

In molti casi, l’isolamento esterno finisce per sconfinare oltre il perimetro dell’edificio, toccando terreni pubblici o proprietà altrui.

Quando accade, il rischio non è solo tecnico ma legale, con conseguenze che possono arrivare fino alla rimozione dell’intero rivestimento.

Efficienza energetica sì, ma entro i confini

Negli ultimi anni il cappotto termico è diventato il simbolo della transizione ecologica nel settore edilizio. Migliora l’isolamento, riduce i consumi, aumenta il valore degli immobili. Eppure, dietro questo intervento apparentemente innocuo, si nasconde una trappola burocratica in grado di bloccare cantieri e generare contenziosi. Il problema nasce quando la posa del cappotto interessa i confini tra proprietà o lambisce il suolo pubblico, creando una situazione di “sconfinamento” che, secondo la normativa edilizia, non può essere ignorata.

Molti proprietari non immaginano che pochi centimetri di spessore possano costare caro. La normativa urbanistica, infatti, richiede che ogni opera edilizia rispetti le distanze legali e i limiti di proprietà. Se l’intervento modifica anche solo in minima parte il perimetro originario di un fabbricato, può essere considerato una violazione. E il confine non è sempre così chiaro come appare nelle planimetrie: basta un errore di misura, un muro arretrato o una fondazione sporgente per trasformare un’opera di efficientamento in un presunto abuso edilizio.

Progetti cappotto edilizia
Progetti cappotto edilizia (Canva) IrpiniaPost.it

Quando il cappotto “sconfina”: cosa prevede la legge

In diversi casi, i Comuni hanno contestato la posa di cappotti termici che si estendono oltre il perimetro della proprietà, invadendo anche solo di pochi centimetri il suolo pubblico o il terreno confinante. In tali situazioni, l’amministrazione può ordinare la sospensione dei lavori o, nei casi più gravi, il ripristino dello stato precedente, imponendo di rimuovere la parte del rivestimento ritenuta irregolare. La questione è tutt’altro che banale. L’applicazione delle norme urbanistiche deve tenere conto di vari fattori: la posizione del muro rispetto alle fondazioni, la destinazione del suolo interessato, la possibilità che lo sconfinamento arrechi un effettivo pregiudizio.

In assenza di un danno concreto o di una reale alterazione del confine, la giurisprudenza tende a escludere che si tratti di abuso. Tuttavia, ogni caso è valutato singolarmente e non sempre l’interpretazione è uniforme. Per evitare problemi, è fondamentale che la progettazione del cappotto avvenga con un rilievo preciso dei confini e una verifica preventiva delle distanze legali. Anche pochi centimetri, se mal calcolati, possono dare luogo a sanzioni e lunghe dispute con il Comune o con i vicini. L’efficienza energetica resta un obiettivo importante, ma deve convivere con il rispetto delle regole edilizie: solo così il cappotto termico potrà continuare a essere un alleato dell’ambiente e non un nemico della legalità.