Grazie al mister ho scoperto il piacere dell’arte”: chi lo dice che i calciatori sono rozzi? “Ma mi hanno preso a manganellate”

Spogliatoio

Spogliatoio (canva) IrpiniaPost.it

Un uomo, un calciatore, un difensore filosofo: dal rumore degli stadi al silenzio delle gallerie d’arte.

Non è mai stato un calciatore qualunque, ha mostrato di avere molto da dire e in diversi modi.

Dietro il fisico imponente e lo sguardo silenzioso si nascondeva un uomo di introspezione, più incline alla contemplazione di un quadro che ai riflettori del calcio.

Dopo anni di stadi e contestazioni, ha scelto una strada inaspettata: quella dell’arte.

Oggi, lontano dai cori e dai titoli dei giornali, vive tra tele, arredi e pensieri. La sua storia è quella di un viandante moderno, che ha trovato nella bellezza la forma più pura della libertà.

Dallo spogliatoio alla galleria d’arte: la rinascita di un viandante moderno

Se potesse raccontarsi attraverso un’immagine, il calciatore, sceglierebbe “Il Viandante sul mare di nebbia” di Caspar David Friedrich. Quel viandante solitario, sospeso tra terra e infinito, sembra il ritratto perfetto del suo percorso. La passione per l’arte nasce ai tempi della Roma, grazie a un incontro che gli fa scoprire un mondo nuovo, fatto di silenzi e intuizioni.

Dopo l’addio al calcio, lo sportivo, apre una galleria d’arte a Milano, trasformando la curiosità in mestiere e la sensibilità in impresa.

Galleria d'arte
Galleria d’arte (Canva) IrpiniaPost.it

L’arte e l’Italia: la solitudine del diverso nel calcio

La carriera di Jonathan Zebina inizia con un episodio quasi cinematografico: un presidente lo nota per caso a Cannes e decide di portarlo in Italia. Da lì, il talento francese vive una scalata vertiginosa. A Cagliari impara la durezza del campionato italiano, poi arriva alla Roma, dove conquista lo scudetto nel 2001. La festa, il Circo Massimo, due milioni di tifosi: momenti irripetibili che restano incisi nella memoria. Eppure, dietro i trionfi, affiora presto la sua indole solitaria. In un ambiente dove le relazioni contano più delle parole, Zebina si isola, rifiuta compromessi e finisce per pagare la sua indipendenza. Non si piega ai rituali dello spogliatoio, non cerca l’approvazione dei tifosi, e quando lascia la Roma per seguire l’allenatore a Torino, viene accusato di tradimento. L’episodio segna una frattura insanabile con la piazza giallorossa. A Torino, la storia si ripete: tensioni, fraintendimenti, fino a uno scontro con un tifoso che evidenzia la fragilità del rapporto tra calciatori e pubblico.

Il razzismo, le etichette, le incomprensioni: Zebina attraversa tutto questo con la dignità di chi non vuole giustificarsi. Col tempo capisce che la sua forza è proprio la solitudine. Ama andare al cinema da solo, visitare mostre quando non c’è nessuno, camminare senza essere riconosciuto. È un uomo che ha imparato a bastarsi, a trovare senso nelle pause, a vedere l’arte dove altri vedono solo il rumore. Oggi Jonathan Zebina vive circondato da opere e oggetti che raccontano il suo viaggio interiore. Lontano dai clamori del calcio, ha scelto di difendere la propria autenticità, trasformando la sua sensibilità in una forma d’arte. Nelle sue gallerie si respira il silenzio di chi ha fatto pace con se stesso. Per lui, la bellezza non è un lusso, ma un modo di restare vivi, lucidi e liberi.