‘Non tengo febbre, ma 91 anni: m’aggia fa l’analisi’

Immagine non disponibile

Ore 9 del secondo lunedì in #fase2. Due sguardi si incrociano e riconoscono.“Buongiorno”, dice il più giovane.“Che fine ammo fatto, eh?”, replica una voce rassegnata, da dietro la mascherina. La distanza di sicurezza di un metro è ampiamente rispettata. Sembra non essercene bisogno, ma a rammentare la regola c’è un cartello affisso sulla porta, rigorosamente chiusa, del punto ristoro. Più in là una stampa dell’ordinanza regionale ricorda che le attività di ristorazione e i bar, nei presidi ospedalieri, devono restare chiusi. La fila inizia oltre i segnaposto che indicano dove sostare in attesa del proprio turno. Nessuno ha intenzione di ostruire il passaggio in entrata e in uscita dal reparto. Così si entra uno alla volta e gli altri stazionano nell’ampio corridoio. “Voi cosa dovete fare?”, interroga i presenti un operatore sociosanitario incuriosito dall’inedita folla. Per settimaneil laboratorio di analisi dell’ospedale di Sant’Angelo dei Lombardi ha funzionato solo per esigenze interne. Ambulatori riaperti dal 4 maggio, in ossequio a decreti ministeriali e provvedimenti regionali. E’ stata questa una delle forme di protezione dell’ospedale da ingressi a rischio adottate nei giorni di tensione massima. Ridotti quanto più possibile i contatti con l’esterno. Oggi però questa è una delle forme di ripresa di una vita vagamente normale. Ci si guarda attorno. Si capisce che nella struttura sono in corso lavori perché entrano operai con materiale in spalla, cercano disinfettante per le mani. Ci sono dispenser in alcuni punti “strategici”. Qualcuno dei presenti sostiene siano vuoti. Non approfondisco la questione, ho il mio in tasca. Osservando meglio si nota la nuova cartellonistica interna ed è chiaro che gli spazi stiano subendo una trasformazione. Gli sportelli per il ritiro delle cartelle cliniche e per le prenotazioni sono stati spostati. Il corridoio di fronte alla cappella si è ristretto, sono nate nuove stanze.C’è la terapia intensiva da accogliere, in un futuro speriamo molto prossimo. Andando verso il blocco operatorio è pieno cantiere fino ad arrivare a quello che sarebbe dovuto diventare il centro autismo e che l’emergenza covid-19 forse trasformerà in altro. Si lavora, appunto. Resta da sciogliere il nodo personale, nodo non di poca rilevanza e di assoluta urgenza, perché l’emergenza di certo non suonerà il campanello due volte prima di ripresentarsi. Una coppia di cinquantenni ha terminato, gli altri devono solo ritirare gli esami. Ma bisogna attendere, ancora non è possibile farlo. Intanto, di fronte,alla Don Gnocchi è in corso un ricovero: una valigia, con legittima proprietaria al fianco, attende di essere convocata. Sono le 10 ormai e a quest’ora l’ospedale sarebbe pieno di tirocinanti e giovani riabilitatori. Adesso appare tristemente vuoto e silenzioso. Ah però ho trovato subito parcheggio, di solito pure attorno all’elisuperficie è una fatica. Il rumore delle tazzine di caffè e le strette di mano normalmente dominerebbero la scena. Sarebbe tutto un “ciao, come stai?”. Adesso sembra quasi faccia paura la domanda. Deve rispondere invece a domande l’anziana signora, ricurva sul bastone, che chiede di potersi sedere ignara del modulo da compilare posto sul tavolino alla sinistra della porta. Forse un cartello aiuterebbe. E’ accompagnata dal figlio che si rivolge allo sportello, ignaro a sua volta. Provvede a interrogarla il solito operatore socio-sanitario. “Signora, ha avuto febbre nelle ultime settimane?”, dice. “None”. “Ha la tosse?”, chiede ancora. “None”. “Ha avuto mal di gola, raffreddore…”, viene interrotto. “None, non tengo ste cose lò. Io tengo 91 anni, m’aggia fa l’analisi”, risponde spazientita la vecchietta. Sorridiamo tutti sotto le mascherine. La #fase2 è cosa complicata. comments