“Gli ho solo controllato l’ultimo accesso” | WhatsApp, fidanzato geloso va in galera per 18 mesi: non lo poteva più fare
Il controllo degli accessi (fonte WhatsApp) - irpiniapost.it
Scopri come anche un gesto apparentemente innocuo su WhatsApp può trasformarsi in stalking punibile fino a 18 mesi di galera.
Possiamo affermare senza ombra di dubbio che WhatsApp è ormai diventato parte della vita quotidiana, uno strumento per restare in contatto con amici e parenti. Ma anche fonte di piccole ansie per alcuni: “Ha letto il messaggio?” “Perché non risponde subito?”. Le famose spunte blu forse hanno fatto più danni che altro.
La gelosia digitale è comune: controllare l’ultimo accesso, osservare quando il partner è online, notare chi mette like o commenta sui social. Piccoli gesti quotidiani, spesso senza cattive intenzioni, ma che nascondono insidie.
Tutti conosciamo qualcuno che ha guardato di nascosto il telefono del partner, o ha cercato di capire i movimenti dell’altro tramite chat e messaggi. Situazioni apparentemente innocue diventano argomento di battute e meme, ma che non sempre sono innocue.
La tecnologia ha reso tutto più facile: seguire l’attività digitale di un partner è semplice, quasi naturale. Ma dove finisce la curiosità e dove inizia il problema? Perché controllare l’ultimo accesso WhatsApp può costare addirittura la galera?
WhatsApp: quando controllare gli accessi diventa reato
Quella che sembra una curiosità innocente, tipo controllare l’ultimo accesso su WhatsApp, può trasformarsi in qualcosa di molto più serio. La legge italiana lo chiama stalking, e non è uno scherzo: chi perseguita o molesta qualcuno può finire nei guai, e per davvero. Facciamo un esempio per capire meglio.
Proviamo ad immaginare un partner geloso (o ex) che segue ogni segnale digitale dell’altro: spunte blu, orari di accesso, messaggi non letti. Fin qui insomma, il problema resta suo. Ma a un certo punto comincia a usare queste informazioni per capire dove è l’altro, quando esce, con chi. Sembra una scena da film, e invece purtroppo può diventare reato. E diventare, appunto, stalking.

Meglio rispettare la privacy altrui
Lo stalking, come sottolinea avvocatomattiafontana.com, punisce chi con questi comportamenti crea ansia, paura o costringe l’altro a cambiare le proprie abitudini. E sì, usare il telefono o i social per farlo rientra perfettamente nel rischio legale. Non è paranoia: è la legge che lo dice; nel dettaglio l’articolo 612 bis del Codice Penale, che lo associa ad “atti persecutori”. E la pena prevista è la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi.
Quindi sì, WhatsApp è comodo, utile e pieno di emoji, ma trasformarlo in un radar per seguire ogni movimento del partner non è mai una buona idea. La fiducia non è solo romantica: è anche il modo migliore per dormire sonni tranquilli senza rischiare di finire nei guai. Meglio qualche spunta blu lasciata al caso, e meno occhi elettronici sulla vita altrui. La privacy è sempre da rispettare. Sempre.
