L’Irpinia prova lentamente ad adeguarsi alle regole nazionali e regionali per affrontare il coronavirus. Dopo giorni di preoccupata incertezza, nella serata di venerdì si è scoperta vulnerabile come ogni altro posto del mondo. Toccata direttamente dall’emergenza (mentre scriviamo risulta una donna positiva ad Ariano Irpino e diverse decine di casi sotto osservazione in isolamento fiduciario), la provincia di Avellino di giorno in giorno inizia a fare i conti con la necessità di cambiare abitudini nella quotidianità spicciola. Non darsi la mano, non salutarsi con baci, non affollarsi in esercizi commerciali e luoghi pubblici, tenere i figli a casa, riorganizzarsi con nonni e parentado vario per conciliare i tempi di vita e di lavoro. Perché non ci si può sentire immuni e perché bisogna fare sul serio (leggi qui).
Per la sanità irpina allora non sarà un marzo semplice. Cali di tensione non sono consentiti. Anche perché si possono prendere tutte le precauzioni organizzative del caso, ma se le regole vengono disattese salta tutto. Giovedì sera è stato necessario chiudere per diverse ore il pronto soccorso dell’ospedale “Frangipane” di Ariano Irpino per sanificare i locali dopo il ricovero di pazienti con sospetti di coronavirus, uno dei quali poi rivelatosi fondato. Più di 30 le persone finite in quarantena tra dottori, infermieri e cittadini transitati lì. E’ bastata una distrazione. Qualche giorno fa era toccato all’azienda ospedaliera “Moscati” di Avellino dove, tra l’altro, sono stati sospesi gli interventi programmati fino all’inizio della prossima settimana per destinare alle operazioni d’urgenza e al reparto di ematologia le poche mascherine chirurgiche rimaste, in vista dello scarico delle altre. Ovunque inoltre sono sospese le attività ambulatoriali.
C’è poi il capitolo serate e weekend, più poveri un po’ dappertutto. E’ notizia di ieri sera la sospensione per ordinanza regionale di discoteche e luoghi di svago. L’obiettivo è evitare che la gente si incontri e i contagi possano crescere. Chiusi teatri come il “Gesualdo” di Avellino e interrotte le attività fino al 15 marzo pure al cinema multisala di Lioni. Chiuso il circolo della Stampa che da consuetudine ospita nel capoluogo mostre, convegni, dibattiti. Decine gli spettacoli musicali e gli eventi annullati da gestori di locali. Sospese le partite dei campionati dilettantistici di calcio, cancellati i festeggiamenti del carnevale morto a Montemarano. L’8 marzo pure sarà diverso, all’insegna dell’evitiamo gli assembramenti. Pochissime le iniziative pubbliche organizzate in giro per la provincia, saltato persino il sit-in della Cgil in favore di alcune lavoratrici licenziate.
Nell’Alta Irpinia del turismo abituata a chiusure ben più lunghe (vedasi la voce seggiovie) c’è preoccupata attesa sul Laceno e a Materdomini in vista del periodo pasquale e delle possibili defezioni di visitatori e pellegrini. Chiusi anche qui in via precauzionale i negozi cinesi, su decisione del sindacato nazionale che spiega: “In Cina la chiusura di esercizi pubblici e luoghi di aggregazione ha contribuito ad arginare il diffondersi del virus e abbiamo ritenuto, senza nessuna imposizione o indicazione istituzionale, di agire basandoci sul nostro senso civico sapendo che questo produrrà anche un danno economico ai nostri connazionali che hanno aderito all’iniziativa”.
Cambiano pure le abitudini dei fedeli delle varie confessioni religiose presenti sul territorio. C’è chi ha deciso di chiudere chiese e sale di culto sospendendo del tutto gli incontri religiosi per qualche giorno fino a nuove disposizioni da parte delle autorità. E chi, come il vescovo Cascio della diocesi di Sant’Angelo dei Lombardi, ha scritto ai parroci per chiedere di togliere l’acqua lustrale dalle acquasantiere, evitare lo scambio della pace, ricevere possibilmente la comunione eucaristica sulle mani ed evitare lo scambio delle condoglianze. C’è persino chi propone una processione straordinaria con San Rocco, il santo protettore della peste.