Nessuno partiva per il mare da Mercogliano, a fine luglio c’era Castellarte

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Oggi è venerdì. L’ultimo di luglio. L’ultimo week end del mese. Un fine settimana che per Mercogliano, per più di vent’anni, ha significato tanto. Tre giorni, venerdì, sabato e domenica, in cui per molti non si poteva partire per andare al mare o altrove.Bisognava rimanere in paese, perché c’era Castellarte. É strano usare i verbi al passato. Forse un azzardo, visto che l’associazione ha dichiarato di non volersi fermare. Ma la realtà dei fatti ci obbliga a farlo, si spera per la prima e l’ultima volta. Tre giorni, dicevamo, che non potevano essere descritti solo con parole quali “arte, cultura, spettacoli, buon cibo, ecc.”, ma che sono sempre stati molto di più. Aggregazione, ad esempio. E, al giorno d’oggi, in una comunità frammentata come quella mercoglianese, non è mica poco.Castellarte, e in questo caso usiamolo il verbo al presente, è molto più di un festival. Per chi mette in piedi la manifestazione, per chi si esibisce, per chi la vive da spettatore. Ma soprattutto tre giorni che mostrano il lavoro di un intero anno da parte degli organizzatori, dei volontari. I primi, impegnati non solo nell’insidiosa parte burocratica, ma in giro per l’Europa a selezionare artisti. I secondi dall’Europa, dal mondo, se pensiamo a quelli del Servizio Civile Internazionale, qui in Italia, in un piccolo paese irpino che si preparava a far festa, ad aprire il sipario su un centro storico che, almeno per qualche giorno, veniva di nuovo considerato il fulcro del paese. A Capocastello, il borgo che ha sempre ospitato il festival internazionale di artisti in strada, il più grande del Sud Italia, in realtà si cominciava molto tempo prima. Settimane, mesi, per organizzare, sistemare, scegliere gli spazi dove far esibire un artista circense, quindi uno spazio largo per assistere in piena sicurezza alle acrobazie, piuttosto che un mimo, o il mago, o il giocoliere accompagnato, talvolta, dal suo fedele amico a 4 zampe. Anche questi andavano posizionati ovviamente in posti sicuri, senza alcun tipo di pericolo per artisti e spettatori, perché avrebbero sicuramente attirato molte famiglie e, quindi, tanti bambini. Così come i gruppi musicali, anche a loro veniva riservato un posto, uno di quelli particolarmente caratteristici del borgo, dove anche in pochi metri, ma sempre “sicuri”, la gente avrebbe cantato, ballato. Avrebbe fatto nuove conoscenze, o ritrovato vecchi amici. Ma gli spazi “sicuri”, nel borgo medievale di Capocastello, caratteristico proprio per aver conservato, anche dal punto di vista architettonico, tracce di storia dei secoli scorsi, e inserito da poco nei Luoghi del Cuore Fai, sembrano cominciare a scarseggiare. Già da qualche anno, infatti, lo spessore del fascicolo di documenti, tra richieste, permessi e autorizzazioni per far sì che tutto si svolgesse nell’ordine e nella sicurezza assoluti, aumentava sempre più, facendo crescere di conseguenza il fardello di responsabilità che gravava sugli organizzatori. Finché, quest’anno, con la delusione di tutti, forse pochi esclusi, il malloppo di carte non è servito a niente. Capocastello ha bisogno di lavori di ristrutturazione per la messa in sicurezza, per cui non può fare da cornice a Castellarte. Ma a Capocastello ci vivono un bel po’ di famiglie, e non solo nell’ultimo week end di luglio. È evidente, dunque, che qualcosa non va. La parola “responsabilità” ha un peso non indifferente. Ma come le cassette della frutta che acquistiamo al mercato, se portate in due, risultano essere più leggere. Associazione e amministrazione, quest’ultima a quanto pare completamente sorda nei mesi scorsi alla richiesta di collaborazione da parte degli organizzatori, chi da un lato e chi dall’altro, ognuno con quelli che risultano essere, bianco su nero, i rispettivi compiti, avrebbero potuto trasportare insieme il carico di responsabilità che si cela dietro un festival dello spessore di Castellarte. Ci auguriamo che la mancata edizione del festival, quella che sarebbe stata la venticinquesima quest’anno, faccia riflettere e risvegli le coscienze di una comunità che sembra lasciarsi andare, assuefatta, a quello che pare essere diventato un vero e proprio modo di dire “tanto qua non si fa mai niente”. E ci auguriamo di poter raccontare l’anno prossimo una nuova realtà. Con Capocastello e Castellarte “al sicuro”. comments