Ultim’ora: l’Italia ha cancellato per sempre i Buoni Pasto | Non sono più erogabili dalle aziende, ci lasciano morti di fame

Buoni pasto (Pixabay-Canva) IrpiniaPost.it
Una decisione inattesa scuote l’Italia: i buoni pasto non saranno più erogabili. Cosa cambia per i dipendenti.
L’Italia dice addio ai buoni pasto. O almeno, così sembra. Una notizia che lascia lavoratori e docenti interdetti: niente più pranzi completi garantiti?
La decisione, arrivata in piena estate, ha acceso un dibattito su diritti, contratti e benessere dei dipendenti pubblici.
Cosa è successo con i buoni pasto? È un taglio ai benefici o una semplice interpretazione normativa?
Tutta la verità su un diritto che potrebbe venire a mancare a breve per i dipendenti. La guida aggiornata che non puoi ignorare.
Quando il pranzo viene negato: cosa sta cambiando
Da anni il buono pasto rappresenta uno dei simboli più concreti del welfare aziendale. Non solo un beneficio economico, ma un gesto di attenzione verso il lavoratore. Tuttavia, le regole che ne disciplinano l’erogazione non sono sempre chiare, soprattutto nel pubblico impiego. Ogni contratto collettivo stabilisce limiti e condizioni, spesso interpretate in modi diversi da scuole, enti e amministrazioni.
Negli istituti scolastici, ad esempio, i docenti che assistono gli alunni durante la mensa si trovano in una zona grigia: lavorano mentre gli studenti mangiano, ma non sempre hanno diritto al pasto. È proprio da questo scenario che nasce la recente controversia arrivata fino alla Corte di Cassazione.

La Cassazione chiarisce: niente più pasti per i docenti
Con l’ordinanza di luglio 2025, la Corte di Cassazione ha messo fine a un lungo contenzioso che ha portato a una conclusione sorprendente. I docenti che prestano servizio durante l’orario della refezione scolastica non hanno diritto a un pasto completo, ma solo a un “mini pasto”, sufficiente a garantire il benessere psico-fisico. La Suprema Corte ha spiegato che il servizio mensa previsto dal contratto collettivo ha natura assistenziale, non retributiva. In altre parole, non si tratta di un beneficio economico legato alla prestazione lavorativa, bensì di un servizio di supporto al lavoratore durante la giornata.
Le Linee guida sulla ristorazione scolastica, che raccomandano un secondo piatto, non hanno valore normativo e non possono essere invocate come diritto. La decisione, pur suscitando perplessità, stabilisce un principio chiaro: il buono pasto non garantisce un pranzo “completo”, ma una pausa funzionale al lavoro per i dipendenti. Una sentenza che segna un precedente importante e invita a riflettere sul vero significato del benessere a scuola e negli ambienti di lavoro pubblici. Cosa ne sarà del pranzo dei lavoratori? La sentenza segna l’inizio di un cambiamento nelle abitudini quotidiane.