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8 marzo a Montella. Luul e Julia dal dramma delle migrazioni alla piena integrazione

“Montella è bellissima, mi sento come in famiglia”. Parole che hanno rallegrato tutta la platea di donne riunitesi questo pomeriggio presso il bar Piper dove l’associazione femminile “La Ginestra” ha reso omaggio alla Festa della Donna con un incontro dal titolo “Donne immigrate tra integrazione e quotidianità a Montella“.

A parlare è Luul, somala ormai da tanto tempo in Italia e montellese da ben nove anni: ‘Ho vissuto diversi anni in Toscana e, pur essendomici trovata bene, è a Montella che ho trovato quell’accoglienza speciale che lì non ho ricevuto‘.

Parlare del passato, purtroppo, le fa cambiare espressione: ‘Provengo dalla Somalia, un paese che si è trovato improvvisamente colpito dalla guerra. Abbiamo perso tutto. Ci siamo ritrovati senza casa da un giorno all’altro e, soprattutto, senza famiglia. La fuga è stata inevitabile. Per fortuna – ha raccontato Luul – avevo una zia a Firenze che con un visto turistico mi ha consentito di raggiungerla. Arrivata in Italia ho imparato prima possibile la lingua. Sapevo che difficilmente qualcuno mi avrebbe avvicinata, così ho cominciato io ad avvicinarmi alle persone, anche con un solo buongiorno o buonasera detto ad un passante per strada. Sono a Montella per amore – ha concluso Luul -, mi reputo una persona fortunata, qui ho trovato tante persone che mi hanno aperto subito la porta senza diffidenza‘.

A spiegare le ragioni di questo incontro, la Presidente dell’Associazione Anna Dello Buono: ‘Un incontro utile e costruttivo non tanto per loro quanto per noi montellesi. La nostra è una società imperfetta, è nostro dovere ascoltare da vicino e capire come migliorarci’. A dare un quadro chiaro della condizione delle immigrate a Montella Salvatore Bonavitacola, impiegato dell’anagrafe del Comune che, con dati alla mano, ha tracciato un quadro chiaro della situazione attuale.

Secondo quanto emerso nell’ultima rilevazione fatta il 31 Dicembre 2015, gli immigrati rappresentano il 4% della popolazione montellese. 165 sono donne. La comunità femminile più popolosa è rumena, con 63 presenze, subito dopo le marocchine e le albanesi. In coda, le donne provenienti dai paesi dell’Est Europa, quasi tutte impiegate nell’assistenza anziani. Molte di loro lavorano in Italia solo alcuni anni per poi decidere di ritornare nel loro paese di origine dove, nella maggior parte dei casi, hanno lasciato i loro figli. Diverso, invece, il discorso delle marocchine che qui vengono con la loro famiglia e, insieme ai mariti, lavorano nel commercio.

Sulle condizioni di vita di queste donne, Bonavitacola ha precisato: ‘Le famiglie marocchine vivono più di tutte una condizione di indigenza. Spesso, infatti, si sono rivolte alla Caritas. Montella in quanto a richieste di aiuto ha risposto sempre positivamente. Veniamo definiti orsi, certo, ma in quanto a solidarietà siamo sempre in prima fila’.

A dare il proprio contributo anche la testimonianza di Julia, di origini albanesi: ‘Dopo la caduta della dittatura in Albania siamo stato travolti dalla guerra civile. In quel periodo ero studentessa di medicina e, con i miei compagni, abbiamo tentato di reagire ma purtroppo non abbiamo avuto scelta. Come tantissimi, anche io mi sono imbarcata su una nave piena di gente che scappava via da quell’inferno e, a differenza di altri, ho avuto almeno la fortuna di mantenere contatti con la mia famiglia. Dopo un po’ di tempo dall’arrivo a Brindisi – ha continuano Julia – ci hanno mandati con dei pullman in nord Italia, nella Val di Susa e Valle d’Aosta dove poi abbiamo avuto modo aiutare i nostri conterranei con la Croce Rossa. In quella occasione mi sono sentita fiera, potevo aiutare concretamente il mio popolo’. La malinconia di quei fortissimi ricordi si fa sentire, ma oggi Julia può raccontare un lieto fine: ‘Sono passati 25 anni da quel giorno in cui sbarcai in Italia, lo ricordo con tantissima tristezza. Oggi mi trovo qui a Montella e non posso affatto lamentarmi, anzi. Inizialmente ero intimorita, un paesino così piccolo come avrebbe accolto me, straniera, abituata a vivere in una città con 300mila abitanti? Tutti i timori sono svaniti, grazie all’accoglienza della comunità e anche alla mia leggerezza nel tollerare, anche prima di arrivare in questo paese, i pregiudizi delle persone che ho incontrato nel mio cammino’.

Un bilancio positivo, dunque, quello emerso da questo incontro al quale hanno partecipato anche rappresentanti dei servizi socio-sanitari. Fra questi la dott.ssa Marcella Zuccardi (nella foto sopra), sociologa del Consorzio Sociale di Lioni: ‘L’integrazione richiede un enorme lavoro, per gli immigrati ma anche per il paese che li accoglie. Lavoriamo quotidianamente per capire come aiutarli al meglio. Il più delle volte – spiega la Zuccardi – abbiamo ricevuto richieste in termini economici, per una casa, un lavoro o per sciogliere matasse burocratiche. Abbiamo ancora molte difficoltà ma in questo ci aiutano i comuni, primo ente a cui gli immigrati si rivolgono, e le scuole dove i bambini provenienti da famiglie immigrate imparano la lingua e la cultura italiana diventando mediatori fra noi e loro’.

Presente anche lo psicologo del Consultorio Familiare di Montella dott. Federico De Stefano: ‘Spesso e volentieri si usa dire che il popolo italiano è popolo di migranti. C’è, però, una sostanziale differenza fra l’italiano e l’immigrato di oggi; il primo partiva da solo, lasciano moglie e figli qui e mandando loro quanto guadagnava, gli immigrati oggi portano con sé le mogli o sono stesso le donne a partire in cerca di lavoro. In questi casi, essendoci l’intera famiglia, i bambini iniziano a frequentare le scuole e imparano la nostra lingua, a conoscere la nostra cultura. Ed ecco il vantaggio: queste donne, grazie ai loro figli, entrano più facilmente a contatto con la comunità che li ospita. La voce in capitolo delle donne – ha concluso De Stefano – in Italia è stata riconosciuta da poco più di un decennio, pensiamo ora a queste popolazioni che in quanto ad emancipazione femminile sono ancora più arretrate. Sia loro che noi dobbiamo tenere conto delle condizioni reciproche e su questo, fortunatamente, Montella registra un dato positivo. E’ proprio con l’accettazione e la comprensione reciproca che piccoli paesi come questo diventano realtà aperte’.

 

 

Rita Mola

Mi laureo in Lettere Moderne e mi specializzo in Filologia Moderna con il massimo dei voti nel 2013. Dopo quattro anni di esperienza in diverse testate online ottengo finalmente l'iscrizione all'Ordine dei Giornalisti...

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