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Al Sud e in provincia poche denunce, in Irpinia si comincia ora

I dati Istat sono drammatici. Quasi 7 milioni di donne hanno subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale: il 20% ha subìto violenza fisica, il 21% violenza sessuale, il 5% forme più gravi come lo stupro e il tentato stupro. Violenze perpetrate da partner o ex partner nel 13,6% dei casi, da uomini non partner (estranei, conoscenti, amici, parenti, colleghi di lavoro) nel 24,7%. Una percentuale non trascurabile (21,5%) ha subìto anche atti persecutori (stalking).

Le donne che si sono rivolte ai Centri antiviolenza sono 49.152 nel 2017. Di queste 29.227 hanno iniziato un percorso di uscita dalla violenza. Il numero medio di donne prese in carico dai centri (115,5) è massimo al Nord-est (170,9) e minimo al Sud (47,5). Il 63,7% ha figli, che sono minorenni in più del 70% dei casi. Tuttavia, i dati delle denunce non possano essere l’unico riferimento in materia: per fare un esempio, solo il 12% delle donne denuncia uno stupro. E, soprattutto, ancora troppo poche sono le donne che si affidano a un percorso di riabilitazione e di fuoriuscita dalle violenze.

La Campania, nel 2018, si è attestata al secondo posto in Italia per numero di femminicidi, ben 11. Su un campione di 100mila abitanti in un anno (2015), la provincia che ha registrato il maggior numero di denunce per violenza sessuale è Napoli, seguita da Benevento, Avellino e Salerno a pari media, Caserta in coda. Secondo l’Osservatorio Regionale sul Fenomeno della Violenza sulle Donne, insediatosi nel 2017, su 47 Pronto Soccorso (uno dei primi presidi di tutela delle donne vittime di violenza insieme alle forze dell’ordine), solo 12 hanno attivato il percorso di tutela e in due province, Benevento e Salerno, mancano ancora strutture pubbliche come le case di accoglienza per donne maltrattate.

Alla vigilia dell’8 marzo, della “festa” e delle mimose, parliamo anche della situazione in Irpinia con Caterina Sasso, sociologa e coordinatrice del centro anti-violenza “Alice e il Bianconiglio” di Avellino. “Il nostro centro è attivo dal 2016 grazie al lavoro della Cooperativa Sociale La Goccia e forniamo tutti i servizi base di un centro anti-violenza, dall’accoglienza all’assistenza legale e psicologica. Dall’anno scorso, poi, attraverso un finanziamento di Fondazione con il Sud, siamo riusciti ad ampliare i servizi con l’orientamento lavorativo e borse-lavoro per contrastare il fenomeno della violenza economica, oltre che con nuove modalità di supporto ai minori vittime di violenza”. Ma quali sono le dimensioni del fenomeno nel territorio di riferimento? Dal 2016 le denunce sono aumentate, solo nei mesi di gennaio e febbraio di quest’anno abbiamo registrato settanta richieste di aiuto. Non tutte le donne hanno percezione e, di conseguenza, consapevolezza di ciò che stanno vivendo. Dando, però, assistenza continua e costruendo percorsi psicologici mirati riusciamo a far sì che la donna si rafforzi e decida di denunciare”.

Ma non tutte le vittime di violenza denunciano. No. Il nostro impegno, infatti, è nel far emergere le situazioni familiari anche attraverso il contatto con le scuole. Promuoviamo attività di sensibilizzazione – in rete con enti pubblici e privati – sia nelle scuole primarie che secondarie, proprio perché la maggioranza delle violenze avviene tra le mura domestiche. La violenza di genere colpisce tutte le donne, indifferentemente. La maggior parte in relazioni stabili, ma non solo. Non esistono differenziazioni sull’estrazione sociale, l’età o la provenienza”.

La situazione nel resto della Provincia, invece, fa riferimento al centro anti-violenza attivo nell’Ospedale di Sant’Angelo dei Lombardi. Lo sportello ha raggiunto, in più di tre anni, una cinquantina di donne, attraverso il Pronto Soccorso. “Qui il timore di compromettere la propria immagine familiare è più forte, ma è ovvio che non siamo immuni da queste devianze – assicura Stefano Farina, Presidente del Consorzio Servizi Sociali Alta Irpinia -. Tuttavia, ci sono delle concause. Alle dinamiche familiari si aggiungono tensioni causate da situazioni particolari, come la ludopatia, condizioni economiche difficili e abuso di alcol e sostanze stupefacenti”. E per quanto riguarda la violenza sommersa: “L’impegno del Consorzio sarà di ricercare con serietà e riservatezza le donne che hanno difficoltà a esternare il proprio malessere. Oltre allo sportello, che fa un’attività di ricezione, va assolutamente abbinata un’attività di indagine”.

Maria Laura Amendola

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