Alta Irpinia 1980-2017, tutto quello che manca

Lo abbiamo superato. L’anniversario spartiacque, il momento per riflettere sul terremoto e il post-terremoto, con le operazioni per un futuro che forse nessuno vedrà. Ci voleva coraggio a presentarsi davanti alla gente. Soprattutto ci voleva un bel coraggio per parlare a nuove generazioni già vecchie, come se davvero fossero nuove.

 

Ci voleva coraggio perché dopo circa un decennio, con la parola sviluppo a farla da padrone, non ci si rende conto che in Alta Irpinia l’encefalogramma è piatto. Elencare le cose che non vanno sarebbe troppo facile. Sanità, trasporti, scuole sempre più vuote, acqua a singhiozzo, opportunità mancanti, buone prassi che restano costantemente bozze, la scalata al turismo che sembra il mito di Sisifo. E il lavoro, che si perde. E le vertenze figlie di un Dio minore nelle aree industriali. Sarebbe facile elencarle, e probabilmente nemmeno servirebbe. Però hanno preferito dire “no, la ricostruzione non è stata uno spreco come è stata descritta”. Esattamente come l’anno scorso. E per quanto ancora? Come se cambiasse qualcosa, come se fra quarant’anni gli storici non avessero di meglio da fare che assolvere oppure condannare definitivamente i protagonisti del dopo-terremoto dell’Irpinia. Elencare è facile, si diceva. Prospettare orizzonti lo è altrettanto, meglio se gli orizzonti sono lontani. E intanto per alcuni è preferibile pensare, sperimentare, progettare: tutto ciò che a molti permette di vivere e prosperare senza badare al risultato finale.

 

Eppure oltre al miraggio delle pre-condizioni per lo sviluppo indicate inizialmente dal progetto pilota – scuola, sanità, trasporti -, oltre alla voglia di concretezza e ai parenti delle precondizioni come il turismo, manca anche molto altro nella zona del cratere, tra la Valle del Sele e l’Alta Irpinia. Ed è qualcosa che non si tocca, non si percorre, non si beve. Qualcosa che non cura una frattura, che non consente di portarsi a casa qualche spicciolo. “E’ morto forse qualcuno più importante della Santità Vostra. E’ morta la Giustizia”, diceva il Marchese del Grillo davanti a Papa Pio VII. Ecco, qui forse è morto qualcosa di più importante del diritto ad avere un’occupazione, a permettersi una stamberga, a curarsi. E’ morto il senso della comunità. Sì, esatto. Proprio quella comunità più volte nominata dal presidente Ciriaco De Mita, fino allo sfinimento di chi lo ascolta. E’ morto. Lo si vede dalla rabbia cieca e giusta del cittadino, dal veleno che gli amministratori utilizzano contro gli avversari. E cambiando versante lo si percepisce dal deserto nei paesi, ogni giorno e a ogni ora. Dalla perdita di qualunque spinta positiva verso l’altro: che sia africano, pakistano, bambino, povero italiano. Lo si osserva, o meglio non si osserva perché non ci sono, nelle occasioni di arricchimento culturale che se tutto va bene si riducono alla presentazione di un libro con gli invitati cooptati, esattamente come avviene per ogni santissimo convegno. Lo si certifica dalla delegittimazione periodica delle persone. E delle cose belle. Forse inutili, illusorie e passeggere esattamente come la bellezza. Ma belle. Come uno Sponz Fest, come un treno, come un’idea per l’ambiente, per un fiume. La morte della comunità è evidente, lo dimostra il fatto che il 23 novembre si tengano manifestazioni separate proprio in Alta Irpinia. E sì, in ogni caso continuiamo a pensare che non esista un contrasto netto buoni-cattivi, uomini giusti-perfidi tiranni. Esiste un pensiero distorto all’origine, quello di voler far campare le persone con la speranza. Senza il do ut des come avveniva ai tempi belli, e menomale! Ma negando alle persone, e questo è un delitto, finanche le pre-condizioni per un tentativo di vita.

Giulio D'Andrea

Direttore responsabile di Irpiniapost, classe 1978, si laurea in Giurisprudenza a Perugia e si perfeziona in Psicologia forense a Genova. Mostra subito insofferenza per i tribunali e soprattutto per le cancellerie. Inizia il percorso giornalistico nel 2006, lavorando su carta stampata, internet e televisioni tra Campania e Lazio. Attualmente collabora con il quotidiano “Il Mattino”. Leggeva molto e suonava anche di più, poi la visione ossessiva delle serie Tv gli ha impedito di continuare.

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