Alta Velocità, l’Irpinia senza stazione e visione

E’ serio il rischio che dai piani del governo Conte possa saltare la realizzazione della stazione Hirpinia a Grottaminarda. Lo è perché, sin dai primi giorni, a Palazzo Chigi si è respirata un’aria diversa rispetto ai cinque anni precedenti. Le dichiarazioni del sottosegretario alle Infrastrutture Andrea Cioffi del M5S avevano lanciato un primo allarme; il voto favorevole in Senato alla cancellazione della fermata in Irpinia dell’Alta capacità Napoli-Bari, arrivato mercoledì, è invece una sorta di conferma. Al ministro Danilo Toninelli, sempre del M5S, spetterà l’ultima parola e forse nulla è già perduto.

Ma i pro e contro sulla stazione ufitana non sono mai mancati. Che sia costoso realizzarla è noto, del resto a essere oneroso è l’intero tratto irpino della TAV dei due mari, quella che dovrebbe unire Napoli con Bari, a causa anche della presenza di un’importante frana. Tuttavia la politica non è scienza dei soli numeri, la politica dovrebbe essere opportuna valutazione dei costi/benefici.

 

La stazione Hirpinia sarebbe l’unica fermata in provincia di Avellino dell’Alta velocità. Sarebbe pure un’infrastruttura al servizio dell’area industriale ufitana, riconosciuta come zona economica speciale dal precedente Governo. Sorgerà in raccordo con la Contursi-Lioni-Grottaminarda, avrà una funzione strategica nel traffico di persone e merci dal Tirreno all’Adriatico e dai loro porti, ma ancora di più dal Nord al Sud del Paese e in connessione con le grandi opere viarie e ferroviarie del resto d’Europa. Certo da sola una ferrovia, per quanto moderna e veloce, non porta benessere e sviluppo. Non saranno le sole rotaie a mutare il destino di una terra dell’osso particolarmente spolpata, al punto che ogni anno circa 2mila giovani tra i 15 e 34 anni vanno via. Lo scriviamo su questa testata sin dai nostri primi vagiti. 

Perché ciò avvenga è necessario dare seguito allo status di Zes con investimenti oculati, sono necessari imprenditori coraggiosi che decidano di restare nonostante le oggettive difficoltà a operare nelle aree interne, che colgano le opportunità della banda larga di cui le aree industriali e molti paesi iniziano a essere dotati. C’è bisogno di progetti di formazione ispirati, in grado di immettere nel mercato del lavoro giovani specializzati e competenti. C’è bisogno di industria, meccanica e agroalimentare, che sappia coniugarsi col rispetto dell’ambiente e la sua valorizzazione; di classe dirigente illuminata, di uomini e donne capaci di mettersi in gioco sperimentando. E’ necessaria, infine, la capacità di regia di questo processo.

 

Allora, delle due l’una. O Lega e M5S dimostrano di avere per queste terre una visione mettendoci tutti alla prova con la realizzazione della stazione in barba alla spesa da affrontare, oppure forse ci stanno dicendo (soprattutto quelli eletti qui) che questa provincia non può avere futuro, che neanche vogliono pensare di progettarne uno. Che non vale la pena di pensare in grande, perché tanto siamo già condannati a chiudere baracca e burattini, ad andare altrove o morire. All’indomani del crollo di ponte Morandi a Genova, Antonio Polito sul Corriere della Sera scriveva, a proposito dell’Italia, “abbiamo smesso di credere nel progresso. Tutto ci sembra più importante: l’ambiente, l’austerità, i comitati dei cittadini, la Corte dei conti, la lotta agli sperperi e alla corruzione”. 

Da ultimo, convince poco pure la proposta giallo-verde di destinare le risorse previste, cioè oltre un miliardo e mezzo di euro, alla progettazione e all’immediata realizzazione o elettrificazione delle linee regionali. Strano innesco di una guerra tra poveri di cui l’Irpinia proprio non ha bisogno: non serve al capoluogo, non serve alla provincia e in generale alla Campania.

Paola Liloia

Classe 1985, laureata alla Sapienza in Editoria, Comunicazione multimediale e Giornalismo. Ha collezionato stage in uffici stampa romani (Confapi, ministero per la Pubblica Amministrazione, Senato) e collaborato con agenzie di comunicazione, quotidiani online locali e con il settimanale "Il Denaro". Ama la punteggiatura. Odia parlare al telefono e i tacchi. Ama l’Inter e le giornate di sole.

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