Di Iorio: ‘La guerra dei Gal spacca le terre del vino’

Nicola Di Iorio è stato presidente della Comunità Montana Terminio-Cervialto a inizio anni Duemila. Di territorio e sviluppo si è sempre interessato. Ora che la cosiddetta “guerra dei Gal” ha lasciato sul campo i primi morti e feriti, lo abbiamo raggiunto al telefono.

La vicenda dei Gal ha generato molto clamore e velenose polemiche. Lei che idea si è fatto?

Intanto diciamo pure che si è consumata una battaglia di natura politica sulla pelle dei Gal. Poi aggiungiamo che la questione è stata eccessivamente enfatizzata. I Gal non sono il centro del mondo. In alcuni casi avevano lavorato bene: ad esempio, il Gal Irpinia è riuscito a ottenere anche l’adesione alla sua strategia dell’area ufitana o il Gal Partenio, e il Serinese-Solofrano che ha ampliato il suo territorio. In altri casi ci troviamo di fronte ad aggregazioni ex novo, a improvvisazioni. Quanto accaduto però in questi giorni ci dice che qualcuno o meglio qualcosa esce sconfitto dal campo.

A cosa fa riferimento?

All’approccio LEADER che è alla base dei Gal, un approccio dal basso, che muove dalle reali esigenze del territorio. La geografia venuta fuori invece da questi giorni di contrattazioni dice che le campagne di ascolto dei soggetti che operano sul territorio sono passate in secondo piano. Un ruolo fondamentale nei Gal appartiene ai privati, ma le decisioni dei Comuni hanno sconvolto tutto. I sindaci si sono arrogati diritti maggiori di quelli che erano nella loro disponibilità optando per questo tipo di aggregazioni. Io ad esempio proprio non capisco cosa ha in comune Castelfranci con la Valle del Sele e il salernitano, così come, guardando la vostra cartina, sono rimasto perplesso di fronte a un Gal Irpinia-Sannio che di fatto taglia in due l’Alta Irpinia. Che omogeneità progettuale può esserci? In questo modo i Gal si riducono a strumenti per distribuire qualche fondo a pioggia sul territorio senza creare vero sviluppo.

Veniamo alla nota dolente. Lei è stato il presidente di un ente, la “Terminio-Cervialto”, i cui comuni si sono ritrovati a fare scelte molto diverse in questi giorni in relazione ai Gal: alcuni sono rimasti con il Serinese-Solofrano, altri sono andati con l’Irpinia-Sannio costituendosi in Ats, altri ancora con il salernitano. Un nutrito gruppo di essi fa anche parte del progetto pilota. Secondo lei che ripercussioni avrà tutto ciò sui programmi di sviluppo della Città dell’Alta Irpinia?

Io credo che la mancanza di omogeneità territoriale pregiudica anche la stabilità dell’area pilota. Anche se ancora non ho ben capito cosa dovrebbe pilotare… Il punto è che in questi mesi non ci si è mossi per spiegare all’esterno cosa fosse il progetto pilota correndo il rischio di trasformarlo in un nemico per il resto della provincia. L’area pilota è percepita come un buco nero in cui far confluire risorse economiche, un recinto chiuso e precluso agli altri. Se a ciò si aggiunge la perdita di centralità dell’ente Provincia, che pure ha provato tramite l’area vasta a resistere, ci troviamo di fronte a un territorio provinciale fortemente frammentato, senza cabina di regia. Un puzzle privo di visione organica. In passato strumenti di aggregazione dei territori già sono esistiti. Voglio ricordare l’esperienza del PIT Borgo Terminio-Cervialto, un progetto da 33 milioni di euro di cui io mi sono occupato senza creare divisioni semplicemente perché spiegammo bene in cosa consisteva e le finalità.

Difetto di comunicazione alla base del caos Gal o di governance?

Io faccio presente che in passato si sono messe in atto politiche di sviluppo unificanti, oggi politiche divisive. A perdere è tutto il territorio. Le faccio notare che sta passando quasi inosservato il fatto che la guerra dei Gal ha spaccato i territori delle docg. Stiamo parlando dell’unico vero brand che l’Irpinia può vantare, trascurato da una provincia che dimentica il suo cuore, da un progetto pilota che lo ha tenuto fuori ai margini con un danno grandissimo per l’intero territorio. Anziché parlare dei Gal avremmo dovuto parlare di politiche qualificanti per i nostri vini. La politica tutta deve farsi carico di questo tema, anche quella regionale. Vorrei solo far presente che una grossa parte del caos è stata generata dal criterio della contiguità territoriale presente nel bando regionale che ha spaccato aree e creato strani assembramenti.

Paola Liloia

Classe 1985, laureata alla Sapienza in Editoria, Comunicazione multimediale e Giornalismo. Ha collezionato stage in uffici stampa romani (Confapi, ministero per la Pubblica Amministrazione, Senato) e collaborato con agenzie di comunicazione, quotidiani online locali e con il settimanale "Il Denaro". Ama la punteggiatura. Odia parlare al telefono e i tacchi. Ama l’Inter e le giornate di sole.

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