Irpinia mon amour, la storia tragica dei nostri tempi

Non è un’opera di denuncia l’ultimo film di Federico Di Cicilia, Irpinia mon amour. Perché è abbastanza difficile denunciare madri che cucinano o che vedono partire i propri figli. La prima interrompe conversazioni politico-rivoluzionarie per obbligare a mangiare il coniglio. L’altra aspira varie sigarette, il fumo è la sua lacrima. Ma il film è una fotografia, a volte spietata altre ironica, di fallimenti e frustrazioni. Un film, docu-film ma poco importa, sull’Irpinia dei nostri giorni. Presentato in anteprima nello spazio Cinezone dell’Ariano Folk Festival.

Federico Di Cicilia e Francesco Prudente

Racconta la delusione di Daniele, di Gesualdo o dintorni. Vuole cambiare il mondo ma finirà a fare il rappresentante porta a porta. E a mangiare coniglio con sua madre. Irpinia Mon Amour fa vedere un malinconico ragazzetto che strimpella la chitarra, che si guarda intorno spaesato. Sempre solo. Andrà via a fare il militare. “E ch’aggia fa?”, dice alla mamma. Narra le “avventure” di un aspirante suicida che cerca il modo di farla finita senza sofferenze fisiche e, soprattutto, con un gesto spettacolare. E in Irpinia mon amour c’è spazio per il gesto politico di due improbabili rivoluzionari. Decidono di rapire il politico che ha governato per cinquant’anni. E’ tal De Cicco, rimanda chiaramente a De Mita. Beh, questo finirà per avviare i rapitori all’arte del tressette.

 

Tra immagini sbiadite e posti sbiaditi, ricordi, flashback, nel film ci sono oltre trent’anni di Irpinia. L’immediato post-terremoto, il lavoro che c’era e quello che verrà a mancare. Le battaglie contro la discarica e contro il petrolio. La politica appunto. I temi di questi tempi, i volti di questi tempi. Quel che resta è la storia di una scommessa e di una battaglia persa, almeno per i più giovani. Le lotte reali lasciano il campo agli incubi. Un Don Chisciotte che si schianta contro i mulini a vento, in Irpinia son le pale eoliche. Tra vento, nuvole minacciose.

 

Non è una cartolina, non verrà presentato da nessuna Proloco probabilmente. E’ un inferno che si apre nella scena iniziale con la valle d’Ansanto, zona mefite, cartello “Pericolo di morte”. Non c’è verde né sole in questa Irpinia tragica. Più che un pugno nello stomaco. E’ un tentativo di far prendere coscienza di quello che a volte questa terra può essere o diventare. Non c’è spazio per la valorizzazione del territorio, per le tradizioni, la natura, l’enogastronomia. Qui si beve Peroni e Campari nella disperazione, in un bar con le slot-machines.

Il regista di Villamaina precisa a fine proiezione: “E’ ambientato in Irpinia, ma questo film può essere un quadro di una qualsiasi periferia d’Italia o d’Europa. Ho cercato di affrontare le cose con distacco (e con un pizzico di ironia, ndr). Altre madri di altri luoghi vedono i figli partire. Le tematiche toccano tutti i Sud del mondo”. Girato in vari paesi, in una Nusco nebbiosa e deserta. O a Gesualdo e sul Formicoso. A Lioni, Villamaina, Rocca San Felice. Circa 75 minuti. Con le musiche di Notturno Concertante, Molotov, Jambassa, Mou, Black Hera.

Irpinia Mon Amour è un prodotto low budget con molti attori non professionisti. “Ci è costato poco, abbiamo speso abbastanza solo per le Peroni e i Campari che hanno bevuto gli attori”, scherza il regista coi protagonisti. Probabilmente il film sarà visto in piccole sale per appassionati (tuttavia la prossima proiezione sarà al Laceno d’Oro di Avellino).

La presentazione ad Ariano

 

E, bisogna pur dirlo, questo lavoro ha qualche difetto. La bella fotografia di Pierpaolo Di Marino viene spesso interrotta da estenuanti immagini di repertorio, come estenuanti risultano le didascalie. I dialoghi non sempre credibili. E poi perché non utilizzare meglio il sano e realistico dialetto? Quando poi il film si sposta dall’Irpinia per entrare in scenari di guerra arrivano altri problemi. Differenze di troppo, fisiologiche però, tra gli interpreti. Ma l’opera di Di Cicilia ha molti pregi. Bravissimo Francesco Prudente, l’aspirante suicida, forse il volto-copertina di questo film. Il film è ben girato e ben “colorato”. Un documento quasi completo sull’Irpinia di questi anni. Film senza fronzoli o moralismi. Diretto e incisivo. Incredibili i volti e le espressioni dei bambini, che quasi accompagnano i nuovi adulti in una danza triste.

Al di là di queste inutili chiacchiere Federico Di Cicilia ha un merito enorme. Quello di aver ufficialmente inaugurato la stagione del “realismo irpino”. Qui l’arte non racconterà più soltanto il verde e il bello di questa terra. Né si fermerà al ricordo del terremoto. Dovrà andare inevitabilmente oltre. E dovrà per forza guardare a chi questa terra non l’ha mai vissuta appieno, la generazione 1980.

Giulio D'Andrea

Direttore responsabile di Irpiniapost, classe 1978, si laurea in Giurisprudenza a Perugia e si perfeziona in Psicologia forense a Genova. Mostra subito insofferenza per i tribunali e soprattutto per le cancellerie. Inizia il percorso giornalistico nel 2006, lavorando su carta stampata, internet e televisioni tra Campania e Lazio. Attualmente collabora con il quotidiano “Il Mattino”. Leggeva molto e suonava anche di più, poi la visione ossessiva delle serie Tv gli ha impedito di continuare.

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