Ci sarebbero tanti modi per leggere i guai del Pd irpino dopo l’annullamento del congresso e l’inizio di una fase commissariale che potrebbe protrarsi anche fino alle elezioni. Qualcuno avrà certamente preso bene il rinvio all’interno del partito, qualcun altro meno. Gli avversari potenziali, ed è bene dire potenziali, gongolano. Oppure osservano. Ma i guai del Pd possono anche essere considerati fatto meramente interno a un partito politico, irrilevanti per i comuni mortali da queste parti. Un fatto politico come un altro.
Nel giorno della bandiera bianca del Pd nostrano, passa alla Camera la nuova legge elettorale. Salvo colpi di scena si andrà a votare con un sistema molto complesso e ancora una volta senza preferenze. Senza entrare nel merito del testo, e senza evocare un sicuro “Renzusconi” dopo le urne perché troppo può ancora accadere, appare plausibile una campagna elettorale abbastanza interessante in terra d’Irpinia. Potrebbero scontrarsi quattro blocchi con chances molto simili: stando agli ultimi risultati regionali, ai sondaggi nazionali che vedono un centrodestra vivo e vegeto, tenendo conto delle peculiarità locali, De Mita ovviamente, questa provincia potrebbe vedere quattro forze – Pd, Fi, M5s e Ap con i demitiani – a contendersi i posti a Roma. Ragionando in maniera disincantata si potrebbe dire “ognuno si farà i fatti suoi, tanto il popolo non sceglierà i nomi dei suoi rappresentanti“. Ma volendo essere ottimisti ci sarebbe anche spazio per una speranza: una campagna elettorale in cui ogni partito – contando anche Articolo 1, Fratelli d’Italia, Sinistra Italiana e altri – proponga la sua idea di Irpinia, di area interna. Utopia? Probabile. Ma se si risolvessero alcune anomalie il sogno potrebbe anche realizzarsi.
Spesso si è detto che l’anomalia irpina sia dovuta esclusivamente alla presenza di Ciriaco De Mita, la cui ombra si è più volte avvicinata al Pd e alle sue divisioni. Un De Mita abile a entrare nelle ferite dem per prolungare la sua egemonia. Vero. Ma il fatto che in questi cinque anni il centrodestra sia quasi totalmente scomparso dai fatti provinciali non suona affatto normale. Così come non è stato normale, non lo è tuttora sul piano politico, che i Cinque Stelle non si siano misurati nelle realtà più piccole o nella zone “periferiche” di questa terra. Se tutti giocassero la loro partita a viso aperto, non c’è alcun timore nel dirlo, questa provincia sarebbe più ricca, più vivace, più stimolante. Non sul piano economico ma su quello politico. E’ mancato lo scontro di idee, di visioni, che produce quasi sempre qualcosa di buono. Durante questi cinque anni il dibattito si è appiattito su pochi temi. La sfida delle infrastrutture, secondo alcuni soltanto un modo per creare consenso negli anni a venire. Poi i dibattiti sull’ambiente, che si accendono e si spengono con troppa facilità. Si è discusso di turismo senza agire, eccezion fatta per la Avellino-Rocchetta. E poco, davvero poco altro. Fisiologico con un partito, il Pd con i suoi satelliti, unico attore protagonista nel bene e nel male. Un partito vivisezionato in una morgue trasparente ma opprimente. C’è vita fuori dal Pd? Forse speriamo solo di trovarla.
E’ infine naturale che qualche deputato non potrà incidere su questioni come sanità e trasporti. Ma il punto è sviluppare una coscienza civica autonoma, non necessariamente distante dal Pd ma lontana dal Pd se necessario. Continuando con l’ottimismo vedremo le prime infrastrutture tra dieci anni. Lioni-Grotta, Alta Velocità. Bisogna arrivare vivi e sani all’eventuale appuntamento. Un associazionismo propositivo e un corpo imprenditoriale coraggioso rappresentano le principali speranze.
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