L’Atelier Jonancy di Ponteromito: passione, tradizione, manualità

Tic tic tic”: i pedali della macchina da cucire si muovono lenti sotto il piede di un’anziana signora vestita di nero che lavora alla luce di una finestra. Tutto intorno stoffe, aghi, bobine di filo colorato, buste, appunti e schizzi a matita su un grosso tavolo centrale, forbici aperte lasciate su un lato, fogli sparsi. Si respira tranquillità, serenità e tradizione.

La sartoria Jonancy di Ponteromito, Nusco, ha radici forti, storiche, che risalgono a tante primavere fa quando Nancy, la madre dell’attuale proprietaria Joanne Braccio, faceva la sarta. È un posto che profuma di affetto e di rispetto. Il nome “Jonancy” è la crasi di Joanne e Nancy, madre e figlia: passato e presente, mani rugose e mani giovani, esperienza e innovazione, suggello di un legame indissolubile. Nancy lavorava in casa, senza sosta, a tutte le ore del giorno e fino a tarda sera. Forse per questo la figlia, allora piccola, non riusciva a cogliere il senso di quel lavoro che teneva la madre sempre così impegnata. Poi, però, il mestiere se lo è cucito addosso. Non poteva lasciare tutto all’oblio,  si è rimboccata le maniche e ha deciso di prendere il testimone, nonostante le difficoltà di gestire tre figli e insieme una famiglia. Nel laboratorio ci sono 4 macchine da cucire “Necchi”, ognuna con un compito differente: una serve per le rifiniture interne, un’altra per i ricami, un’altra ancora per gli occhielli e infine una per le cuciture lineari, semplici, quelle base.
In un angolo il ferro da stiro, aiuto indispensabile per la sarta. “Lo masto è masto, la lo fierro è capomasto” diceva sempre la mamma di Joanne. Ed infatti è proprio così: il ferro da stiro serve in ogni singolo passaggio della creazione di un capo d’abbigliamento, dalla semplice piega, alle rifiniture, alla stiratura finale.“È un mestiere complicato” afferma Joanne “soprattutto perché sono da sola, non si trovano oggi  ragazze interessate a questo mestiere, studiano tutte per fare altro”.
In atelier realizzano dalle semplici riparazioni agli abiti da cerimonia per grandi e piccoli, fino ad arrivare agli abiti da sposa creati su misura. Anni fa il cliente si basava su un bozzetto disegnato, oppure creato al momento, oggi invece, con l’avvento di internet, si prende spunto da foto trovate nel web per realizzare il proprio abito seguendo gusti, ricorrenze, cerimonie e fisico.
Ci vuole pazienza, creatività, ingegno e una precisione millimetrica che solo un chirurgo può capire. Su un manichino si vede un abito in fieri panna e rosa antico sul quale saranno poi applicati pizzi macramè. Servono due tre giorni di duro lavoro per realizzare un capo più o meno semplice, una settimana dieci giorni per quelli più elaborati. Si fa una prima prova, si prendono le misure, poi se ne fa una seconda e una terza che dovrebbe essere la definitiva.
La figlia di Joanne è iscritta all’Accademia delle belle arti dove studia Fashion Design. Lei è il futuro. Lo scrigno nel quale si conservano gelosamente sacrifici, notti in bianco, soddisfazioni, mille cuciture e mille ricami realizzati dalla nonna prima e dalla madre poi. Si rende già utile nell’atelier, ha per esempio dipinto a mano i faraglioni di Capri su un abito unico. L’idea da portare avanti, da sviluppare è quella di creare una propria linea di abbigliamento che possa diventare un marchio apprezzato e riconosciuto in giro. Storia e creatività, manodopera e inventiva si mescolano e si cuciono sugli abiti insieme ai merletti, alle perline, alle paillettes. Non si vendono semplici vestiti, ma piccole opere d’arte che sanno di genuinità e di purezza.
Giusi Rosamilia

Nata nel 1990, si è laureata alla triennale di Editoria e Pubblicistica, ha proseguito gli studi con la Magistrale in Informazione, editoria e giornalismo e un Master in Comunicazione e Giornalismo di moda. Vicedirettrice del periodico “Altirpinia", collabora con varie riviste tra cui Fashion News Magazine e Chic Style. Ama la scrittura, la moda e gli animali. Solare, determinata, sognatrice.

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