Ospedale per sopravvivere, treno come segno di vita

Potrebbe sembrare una giornata dal doppio volto quella di ieri. Di mattina le polemiche sulla sanità, nel pomeriggio i festeggiamenti per le nuove fermate della Avellino-Rocchetta. Due fotografie distinte, dai colori diversi. Eppure non è così, le esigenze si incrociano o dovrebbero farlo. Il territorio irpino sta chiedendo con forza, tramite gli amministratori, due diritti differenti ma conciliabili. Il diritto alla salute, che è il diritto di sopravvivere. E quello ad avere qualcosa in più, che significa economia potenziale: che quindi vuol dire tentare di vivere.

Chiunque abbia un po’ il polso della situazione non può non aver notato, al bar o su bacheche facebook, una buona dose di scetticismo sul treno. In parole povere l’accusa è “ci togliete gli ospedali, non c’è lavoro, non rifate le strade e ci proponete la cazzata della ferrovia”. Pensieri rivolti a una politica che effettivamente ci sta mettendo un bel po’ per venire a capo dei conti sulla sanità o per rendere praticabili le mulattiere della provincia. Tutto giusto, ma perché prendersela col treno? Il treno costa, siamo d’accordo. Ma con l’investimento necessario a farlo viaggiare non si garantiscono i reparti ospedalieri. Al limite, sulla sanità, si risparmierebbe tagliando gli straordinari e assumendo personale medico; ma questo è un altro discorso.

Ciò che in questa sede ci sentiamo di dire è che i due ambiti, diritti di base e prospettive di futuro, possono e devono coesistere. Lo accennavamo prima. E’ sacrosanto che Sant’Angelo chieda personale al Criscuoli, che Solofra voglia conservare un punto nascita e che nella zona orientale della provincia si protesti per le strade non-strade. E’ tuttavia altrettanto legittimo che imprenditori, associazioni, operatori turistici possano beneficiare di un’infrastruttura a scopo turistico. Perché turismo, anche se in questa provincia si è fatto un abuso di quel termine, non vuol dire pazziella. Turismo, anche di nicchia, va inteso come passaggio di persone nuove, come scambio. Ma soprattutto come opportunità di lavoro, magari saltuario o stagionale ma pur sempre lavoro, per chi rischia di fuggire ogni giorno. A proposito, chi fugge lascia strade e ospedali. Li lascia sempre più vuoti, con la conseguenza di generare lo spettro di altri tagli. Chi rimarrà a usufruire di strade e reparti di questo passo? Questo è il punto, questo è il motivo per cui la ferrovia – che fino a prova contraria non inquina e non uccide – andrebbe sostenuta con ogni mezzo insieme a tutto ciò che la circonda o potrebbe circondarla.

Giulio D'Andrea

Direttore responsabile di Irpiniapost, classe 1978, si laurea in Giurisprudenza a Perugia e si perfeziona in Psicologia forense a Genova. Mostra subito insofferenza per i tribunali e soprattutto per le cancellerie. Inizia il percorso giornalistico nel 2006, lavorando su carta stampata, internet e televisioni tra Campania e Lazio. Attualmente collabora con il quotidiano “Il Mattino”. Leggeva molto e suonava anche di più, poi la visione ossessiva delle serie Tv gli ha impedito di continuare.

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