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Ritorno al Sud per cercare il passato e scrivere un futuro

Nello spostarsi dal paese in cui sei nato al luogo di vita e studio o vita e lavoro, e viceversa, quasi sempre si ha difficoltà a comprendere quale sia il viaggio d’andata e quale il ritorno. Una sensazione comune a molti, che per alcuni dura un’intera esistenza, per altri termina il giorno in cui scocca una scintilla e decidi che casa non può essere un posto qualunque o in tanti posti. E’ piuttosto un punto preciso dell’universo: corrisponde a un indirizzo, a persone, a un progetto di vita da portare avanti.

A casa approdano tutti prima o poi. Molti vi ritornano dopo aver sperimentato e ricercato altrove. Sono rarissimi i casi nei quali il rientro avviene a piedi. Michele Laino, un calabrese che è tale anche nell’aspetto, sta facendo da venti giorni proprio questo. Una lenta discesa verso casa, da Roma al suo paesello di mille anime (Albidona), dove ha deciso di stanziarsi e ricominciare a vivere dopo aver rinunciato a quanto aveva fino a quel momento costruito nella grande metropoli. “In quattro giorni ho chiuso rapporti di lavoro nella capitale ed ero pronto a tornare in Calabria. Prima però volevo fare il cammino di Santiago. Mio fratello mi ha detto: vuoi tornare giù? E allora fallo a piedi, altro che Santiago!”.

Tornare giù per reinventarsi un lavoro, tornare prendendo appunti, raccogliendo sollecitazioni, punti di vista, “rubando” idee per farne un libro e un breve documentario, innanzitutto. Ma anche per individuare esempi da seguire, strade da battere, per costruire progetti comuni da realizzare. Perché, dice lui, “uno dei problemi del Mezzogiorno è l’incapacità di raccontarsi, di dirci cosa funziona, cosa c’è di buono, quali sono le prassi vincenti”. Michele è transitato anche nella nostra provincia toccando cinque realtà molto diverse tra loro, con problemi ed esigenze e obiettivi diversi. Roccabascerana e Calitri i due estremi geografici del suo passaggio: nel mezzo la città di Avellino dove è stato accolto e accompagnato principalmente dal Forum dei Giovani, e altri due paesi dell’Alta Irpinia. Castelfranci, terra del vino, e Lioni sulla via Appia dove i suoi passi hanno incrociato quelli dell’associazione di promozione sociale La Prediletta (nelle foto la tappa lionese)

Ok, Michele non è Terzani, faceva notare qualcuno. Ma si è posto un proposito per il suo viaggio che ha ben poco di spirituale e poetico. Sicuramente ci vuole una punta di follia e molto coraggio per vivere una simile esperienza, anche perché camminare a passo lento e da solo per ore ti mette a nudo. Ma questo giovane calabrese è soprattutto uno concreto. Uno che non inorridisce di fronte a una distesa di pale eoliche tra campi sconfinati o che riconosce nelle fabbriche la necessità della produzione e del lavoro.

Attraversando l’Irpinia ha incontrato potenzialità. La parola torna spesso conversando con lui, anche con una punta di sorpresa. Ha incontrato giovani amministratori e piccoli imprenditori che resistono o che hanno inventato la loro attività dal nulla, mettendosi a studiare, anche se a cinquant’anni; e luoghi della cultura, paesaggi e risorse naturali. Ha incontrato però pure Proloco o amministrazioni che non hanno risposto alle sue richieste di ospitalità (nota dolente). Ha incontrato associazioni che fanno rete e altre che operano in maniera isolata, senza raccordo, magari anche pestando i piedi a chi prova a fare qualcosa. Ha maturato la convinzione che il Sud abbia bisogno di un sano pragmatismo, della capacità di guardare alle questioni con una punta di concretezza in più per passare dalle idee (spesso tante, troppe, confuse, ndr) alle azioni. Con l’umiltà di comprendere che non è possibile fare tutto da soli, che c’è bisogno di mettersi insieme, di creare collaborazioni, relazioni, connessioni intanto all’interno dei paesi e poi tra paesi. Rinunciando per se stessi e guadagnando per tutti. Che l’immobilismo è più deleterio del pessimismo. “Perché se sei pessimista, fai delle cose in funzione di quello. Se sei statico, resti imbrigliato”, è il pensiero del camminatore calabrese. “Ma qui vedo segnali positivi, di potenziale cambiamento”.

Forse è più ottimista di noi, o forse confrontando la sua Calabria con la nostra Irpinia riesce a cogliere un bicchiere mezzo pieno che a noi sfugge. “Ho sentito gente lamentarsi di tutto in questo cammino, ci lamentiamo tutti delle stesse cose, anche in contesti molto diversi. Prendiamo il treno: giù da me è stato dismesso e neanche si parla di riattivazioni. O gli ospedali: chiusi anche in Calabria”. 

Michele tornerà in Irpinia con il suo libro tra le mani molto probabilmente l’anno prossimo. Può sembrare una provocazione, ma potrebbe essere interessante verificare quanto e cosa sarà cambiato, quanti dei progetti a lui descritti saranno stati avviati o realizzati, per avanzare nuove proposte e darsi nuovi, piccoli, obiettivi. Al di là di quelli altisonanti annunciati da politica e istituzioni. Per stabilire se questa terra può essere ancora casa per chi vi è già tornato e se può esserlo per altri, ancora sul ballatoio del mondo, che potrebbero in futuro tornare.

Paola Liloia

Classe 1985, laureata alla Sapienza in Editoria, Comunicazione multimediale e Giornalismo. Ha collezionato stage in uffici stampa romani (Confapi, ministero per la Pubblica Amministrazione, Senato) e collaborato con agenzie di comunicazione, quotidiani online locali e con il settimanale "Il Denaro". Ama la punteggiatura. Odia parlare al telefono e i tacchi. Ama l’Inter e le giornate di sole.

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