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Avellino, è caos sui rifugiati

Avellino è alle prese con il caso dei rifugiati in via Tedesco. Ne dovrebbero arrivare circa cento, anche se il numero non è certo. E andrebbero ospitati in un ex convento. Molti tra commercianti e residenti avevano inscenato una protesta simbolica, ma poi neanche tanto, contro l’ipotesi. Le lenzuola bianche appese. Oggi è spuntato lo striscione di Casapound, nei pressi della struttura di Avellino e in altre città italiane. Sulla vicenda c’è però anche un parroco. E le associazioni Dialoghi per il futuro e Città Aperta, con il comitato Pace e Solidarietà, inviano una dura nota per protestare contro il clima che si sta creando nel capoluogo irpino.

Il comunicato

È ora di smetterla di giustificare l’ingiustificabile. Non si può fare finta di non vedere che in Italia ci sono organizzazioni politiche, sempre presenti nei salotti televisivi nazionali, che scientificamente alimentano il razzismo e lo scontro verso i migranti. E’ un atteggiamento da irresponsabili, tanto più se perpetrato da esponenti della chiesa locale, dai quali invece ci si aspetterebbe che, in sintonia con il messaggio evangelico e con le indicazioni di Papa Francesco,  dimostrassero maggiore attenzione per i temi dell’accoglienza e della solidarietà.  

Consideriamo quindi irresponsabili le dichiarazioni di don Emilio Carbone, parroco della chiesa di S. Maria di Costantinopoli di Avellino, che anziché agevolare, attraverso il dialogo, la risoluzione di un delicato e scottante problema quale quello dei rifugiati, esseri umani che fuggono via da drammatici contesti di guerra, ritorsioni e miseria, alimenta i pregiudizi e difende gli atteggiamenti di ipocrita intolleranza di alcuni  abitanti di Corso Umberto e Via Francesco Tedesco.

Il comitato anti-profughi sorto in quella zona, con il sostegno della parrocchia, è “contro” gli immigrati non “pro” e questo si chiama razzismo, come sanno bene tutti gli italiani che sono stati costretti all’emigrazione e che il razzismo l’hanno subito sulla propria pelle.

Le azioni e gli slogan di questi comitati, che stanno sorgendo come funghi in Italia e ora anche nella nostra provincia, non lasciano ombra di dubbi sui deplorevoli sentimenti che li animano, che richiama alla mente ancora più tristi esperienze del passato. E come tutti i razzisti fanno da sempre, la loro prima preoccupazione è quella di non dichiararsi tali, scaricando la responsabilità della loro intolleranza su chi è più debole e ai margini della società.

Ciò che sta succedendo nel mondo, la decisione di Trump di questi giorni di chiudere le frontiere degli Stati Uniti, la strage nella moschea in Canada, dovrebbero imporre a tutti, ed in particolare agli esponenti religiosi, di non sostenere atteggiamenti estremistici, fra l’altro diretti contro le persone sbagliate. Non sono certo i rifugiati i responsabili delle difficoltà e della crisi nella quale vivono gli italiani, che dovrebbero sapere bene chi sono i loro sfruttatori”.

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