L’Irpinia in caso di terremoto: BISACCIA

A Bisaccia stanno capendo e applicando dei concetti banali ma efficaci. Semplici ma fondamentali. Che la sicurezza è un qualcosa che va costruito giorno dopo giorno. Che in caso di terremoto o altri eventi catastrofici non basta avere un piano di protezione civile; non basta metterlo sul sito del Comune e neanche essere dotati di una moderna app in una realtà prevalentemente di anziani. Stanno ragionando sull’educazione dei più piccoli ma per spiegare il piano a tutti, per spiegare i comportamenti in caso di sisma, i volontari stanno visitando le abitazioni una ad una. Con tanti di esperti e depliant, un depliant facile ed intuitivo: gioiello di comunicazione in un’Irpinia che non si mostra del tutto pronta a 36 anni dal 23 novembre del 1980. L’Irpinia ha infatti ancora dei nervi scoperti in caso di scosse, come vedremo anche nei dintorni di Bisaccia.

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Iniziamo col dire che qui il numero di vittime è stato molto basso se pensiamo alla tragedia del 1980. Due. Rispetto a Sant’Angelo dei Lombardi, Conza, Lioni, Calabritto e Teora, i drammi del terremoto e gli effetti del dopo-terremoto si sono vissuti soprattutto dopo.

Bisaccia, del resto, è uno dei paesi simbolo dell’edilizia post-1980. Edilizia ben visibile (fin troppo) nel quartiere “Piano di Zona”, il cui nome fece inorridire Paolo Rumiz nel viaggio sull’Appia. E’ un paese emblema del post-terremoto perché come Conza è ora diviso più o meno in tre parti. Bisaccia nuova appunto, il piano di zona coi suoi spazi larghi, le case basse (foto in basso a sinistra) Il centro storico dominato da uno dei più bei castelli della provincia di Avellino (foto in basso a destra). E una zona “mista” in direzione Calitri, zona Pilone. Anche questa di nuova edificazione a parte delle casette asismiche costruite dopo il sisma del 1930. Un paese complesso, circondato da strade impraticabili e inserito in un territorio rurale dalle dimensioni impressionanti tra la selva delle pale eoliche. Proprio sulla base di queste caratteristiche il gruppo di protezione civile è partito per organizzare l’educazione alla sicurezza.

 

Il piano di protezione civile comunale è stato adottato nel dicembre 2015 – spiega l’architetto Giovanni Maggino -. Bisaccia è all’interno del Com 20 (centro operativo misto) con Lacedonia, Monteverde e Aquilonia“. Maggino e gli altri ci ricevono nel Coc, il centro operativo comunale che si trova nel complesso polivalente di Bisaccia nuova. Lui è responsabile del gruppo di Protezione civile e ci tiene a evidenziare i risultati e le prospettive. Quello che vediamo parla di un lavoro fatto bene. “Bisaccia si sta muovendo, la prevenzione sta diventando un obbligo. Come gruppo comunale civile operiamo con 20 volontari, siamo iscritti alla colonna mobile regionale“. E ci mostra il depliant: “Questo non è un volantino del supermercato da lasciare nei bar. Lo stiamo distribuendo porta e porta, la strategia si deve spiegare“. L’assessore Serafina Camarca va anche oltre: “Il porta a porta è anche un modo per fare un censimento approfondito. Ci dice non tanto quanti anziani ci sono in paese, quello lo sappiamo, ma in che condizioni si trovano. Un’operazione di ascolto che era difficile da sviluppare in Comune. Sapremo quanto sanno i nostri cittadini dei comportamenti da tenere. Il piano – chiude Camarca – deve essere sempre in evoluzione“.

 

Quattro aree di attesa in caso di sisma. In ognuna va una tipologia di persone. La filosofia è quella di evitare caos, evitare l’intasamento strade. Aree di assistenza. Grandi spazi, una zona sicura e antisismica. “Uno spazio al coperto – dice l’assessore – che può accogliere più persone anche dei paesi limitrofi“. E in più un piano disegnato in base alle emergenze che ciclicamente colpiscono il paese. Una realtà interessata da rischio idrogeologico (frane) soprattutto nella parte vecchia. Dal rischio incendi boschivi e dal rischio di grandi nevicate (nel 2012 rimase in pratica bloccata tutta l’area rurale). Vento, fulmini. Anche piccole trombe d’aria sono possibili e quindi previste nel documento consegnato ai cittadini. Ma ovviamente quel documento non basta. Qui nella sede del centro sono attrezzati e sempre pronti. E inoltre le scuole verranno coinvolte già nei prossimi giorni dopo una grande esercitazione estiva che ha dato nuovo impulso al gruppo.

 

“Ha dato anche entusiasmo ai ragazzi”, dicono. “Ci chiedono di rifarla“. Francesco Cremona, un altro volontario, aggiunge e chiude: “Sensibilizzazione prima di tutto. Svilupperemo altre attività per i ragazzi valutando l’istituzione di due gruppi, junior e mini. Questo per non far perdere le sane abitudini. In più abbiamo la sede dei Vigili del Fuoco“. Ciò che si sta facendo all’interno di Bisaccia sembra al passo con i tempi. Purtroppo, e parliamo delle emergenze descritte prima, subito al di fuori paese parlare di civiltà e modernità è improprio. Le condizioni delle strade danno l’idea di quanto sia complesso vivere da queste parti anche in caso di semplici condizioni atmosferiche sfavorevoli. Se c’è nebbia non esistono indicazioni, persino gli indicatori per la neve risalgono a decenni fa. L’ospedale non si chiama più ospedale, anche se nessuno qui continua a chiamarlo in quel modo. La eli-superficie è stata inaugurata ma mai utilizzata (magari per fortuna). Insomma, in un contesto sfavorevole (eufemismo) si cerca di tenere comportamenti virtuosi: è il modello Bisaccia.

 

 

Giulio D'Andrea

Direttore responsabile di Irpiniapost, classe 1978, si laurea in Giurisprudenza a Perugia e si perfeziona in Psicologia forense a Genova. Mostra subito insofferenza per i tribunali e soprattutto per le cancellerie. Inizia il percorso giornalistico nel 2006, lavorando su carta stampata, internet e televisioni tra Campania e Lazio. Attualmente collabora con il quotidiano “Il Mattino”. Leggeva molto e suonava anche di più, poi la visione ossessiva delle serie Tv gli ha impedito di continuare.

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