Pensate all’inverno del 2012! Oppure ad altre stagioni più o meno simili. Chi non le ricorda? Neve tra le strade, nelle scarpe e tra le finestre. Bianco a perdita d’occhio, per settimane. Anziani isolati nelle campagne più remote, salvati da polizia e carabinieri. Tubature ghiacciate che scoppiano. Generi alimentari che scarseggiano sul serio, anche il pane. Scuole chiuse e uffici deserti. Case gelide. Spazzatura che mette la testa fuori e subito viene ricoperta. Incidenti, ospedali quasi irraggiungibili. Dirigenti e operai che nemmeno possono entrare in fabbrica.
“Solo chi ha vissuto in un paese delle zone interne del Sud Italia in inverno non teme la quarantena“, mi ha scritto una collega un paio di giorni fa. Ora l’isolamento da neve e quello da coronavirus non sono paragonabili, questo è chiaro. Ma siamo abituati a resistere noi irpini, lo abbiamo fatto per tante situazioni. Forgiati per sopravvivere alla distruzione, allo spopolamento, a neve e ghiaccio. Non siamo eroi eh, manco lontanamente. Ma nemmeno colpevoli da condannare a morte.
Abbiamo votato sempre gli stessi ed è andata bene per qualche anno, quelli della rinascita. Ma sarà la storia a dirlo. Poi abbiamo alternato un po’ a destra e un po’ a sinistra ma sempre con scappellamento al centro. Infine abbiamo deciso di cambiare, ma non sappiamo ancora dove andremo e dove andranno a sbattere. Abbiamo lottato per i nostri diritti ma solo fino a un certo punto. Contro la discarica, per gli ospedali. Per le fabbriche, ma non tutte. Insomma, siamo umani e sbagliamo. Ma siamo anche lupi, animali di montagna. Come lupi rischiamo l’estinzione e l’istinto di sopravvivenza non manca. Viviamo pure nella neve e tra lo sfacelo.
E a volte anche la mente può aiutare, talvolta solo quella. Così il cervello diventa la pelle di un animale ricoperta da una bella pelliccia protettiva. Nel 2020 l’inverno ha deciso di graziarci, forse già sapeva ciò che sarebbe avvenuto. Se ne è stato per i fatti suoi altrove, non ci ha nemmeno fatto parlare di turismo invernale e di cosa manca, cosa servirebbe… Ci ha fatto uscire, stare nei locali, prendere la macchina, girovagare. Ci ha permesso di andare a mangiare il sushi, di vedere concerti, di ammirare il cielo senza cinque strati di maglie e senza il vento che taglia la faccia. Abbiamo vissuto come negli anni scorsi in primavera e ora l’inverno ci presenta un conto salatissimo per aver tolto il disturbo. O meglio, per non essersi nemmeno presentato.
Oppure, ed è la visione meno drammatica possibile, potremmo pensare che questa quarantena sia solo il nostro lungo e consueto inverno.
(Nella foto Nusco. Dalla pagina Facebook L’Italia è Popolare – Nusco)