“Irpinia terra matrigna. Dati shock, numeri allarmanti. Addio ai giovani. Fuga dalla provincia di Avellino“. Puntuale come un’amara medicina anche quest’anno sono stati diffusi i risultati del Rapporto Italiani nel mondo della Fondazione Migrantes. E puntuale come ogni anno tutti a sgranare il solito rosario di commenti che ci ricordano quanto la nostra terra sia sfortunata perché incapace di invertire una rotta tracciata ormai da tempo, condannata allo spopolamento, all’invecchiamento, a una silenziosa morte economica-culturale-sociale e di conseguenza identitaria a causa di una classe dirigente che sul territorio stenta a essere guida e a livello regionale o nazionale fatica a individuare cure adatte al malato, troppo distratta da leggi elettorali e conservazione degli scranni parlamentari. E a nulla valgono gli annunci di futuristiche strade e collegamenti ferroviari (a proposito, mentre in Irpinia si registrano proclami sull’Alta Velocità che dovrà nascere nel prossimo decennio in Ufita, sapevate che altrove nel mondo stanno sperimentando gli hyperloop a 1200km orari?). A nulla vale anche il Progetto Pilota, ideato proprio per frenare la desertificazione nell’ambito della Strategia nazionale Aree interne. I servizi restano insufficienti o inefficienti, dopo oltre due anni di tavoli, polemiche e titoli di giornale. Fumo negli occhi, specchietti per allodole.
I dati del Migrantes presentato lunedì a Roma dicono che l’Irpinia ha perso in un anno altri 2mila abitanti. Allo stato attuale, a fronte di una popolazione di 423.506 abitanti, gli irpini residenti all’estero risultano ben 106.588. L’intera Campania nell’ultimo decennio ha visto partire 55mila persone. Si parte soprattutto dalla provincia di Avellino, seguita da Benevento, Salerno, Caserta e Napoli. Crescono le partenze dalle città capoluogo un po’ diffusamente e Napoli per la prima volta fa registrare tra i 18 e i 29enni circa 7mila ragazzi in uscita negli ultimi anni.
La fetta più importante di emigranti italiani risiede in Svizzera (26.701); poco più di 15mila in Argentina, circa 10mila hanno scelto la Germania mentre nel Regno Unito vivono 9.721 e negli Stati Uniti 9.587. Emblematici i casi di alcuni Comuni dell’Alta Irpinia che hanno più iscritti all’Aire che residenti. Cairano conta 315 abitanti e ben 548, quasi il doppio, cittadini fuori patria. Conza della Campania ha 1796 residenti all’estero a fronte di 1.351 abitanti effettivi. A Teora gli emigranti superano di circa 400 unità i residenti in loco (1.972 su 1.516). Nella graduatoria regionale dei primi 25 paesi per valori assoluti di iscritti all’Aire troviamo diversi Comuni: Sant’Angelo dei Lombardi (3.456), Montella (3.393), Lioni (3.123), Nusco (2.904), Montoro (2.664), Ariano Irpino (2.649) e Volturara Irpinia (2.569).
Il rapporto Migrantes però dice anche altro. Sono 5 milioni gli italiani trasferitisi in Europa e nel mondo, con un aumento del 3,3% in un solo anno. A crescere sono soprattutto i giovani con la valigia: nel 2016 se ne sono andati in 48.600 nella fascia di età tra i 18 e i 34 anni, con un aumento del 23,3% rispetto al 2015. Ed è la Lombardia che si conferma, con 23mila espatriati, la prima regione da cui si parte, seguita da Veneto (11mila circa), Sicilia, Lazio e Piemonte. Le prime cinque province per partenze sono Roma, Milano, Torino, Napoli e Palermo da cui proviene circa il 25% delle migrazioni in uscita. C’è insomma anche molto Nord in cima alle classifiche, testimonianza che è quantomeno parziale il racconto di un Sud depresso dal quale non c’è alternativa che fuggire. Che il malessere irpino non costituisce un unicum, che parlare con toni allarmistici di emergenza non aiuterà a comprendere meglio il fenomeno. Le migrazioni sono sempre esistite, per motivi innanzitutto economici e religiosi, culturali, climatici. Accadeva millenni fa e accade ancora oggi. Vogliamo continuare a dipingere ogni anno lo stesso desolante quadro? A deprimerci ripetendo quanto è faticosa (e però romantica, eh) la resilienza irpina?
Gli emigranti italiani che sbarcavano a New York nella prima parte nel Novecento si stabilivano lì dando vita a Little Italy o popolando il Bronx. Oggi in quei quartieri la presenza di nostri connazionali è in forte calo perché gli stessi si spostano in zone della città più prestigiose o in altri Comuni, preferendo alla metropoli il verde o realtà urbane più a misura d’uomo. Al loro posto si insediano i nuovi emigranti, provenienti dalla Cina o dal Bangladesh.
Nel nostro caso è il ricambio che manca. Perché se per gli irpini andati via la nostra terra continua a non risultare attrattiva al punto da far nascere le condizioni per un ritorno, non abbiamo il coraggio dall’altra parte di accettare che le migrazioni sono medaglie dalla doppia faccia. In tanti stanno arrivando (e in proporzione sono meno di quelli che partono), ma per loro in Irpinia, salvo rari casi, si parla di invasione e non esistono visioni e progetti di integrazione tali da renderli nuovi cittadini di tante sparute comunità che si rigenerano e rigenerandosi continuerebbero a vivere.