“Il nostro congresso non è un adempimento e soprattutto non è un adempimento banale. Abbiamo fatto nei mesi scorsi un tentativo, quello di Area Popolare, ma con quelli di Ncd la speranza di un’intelligenza a venire tramonta di fronte a certe loro incapacità di cogliere segnali. E allora abbiamo deciso di fare il tesseramento con due prospettive: una, quella di fare l’assestamento”. Inizia così il lungo intervento su Facebook di Giuseppe De Mita, vice segretario nazionale Udc e commissario del partito in Campania, al congresso regionale dei centristi in corso a Napoli.
“Quello che nell’Udc sta avvenendo nelle ultime ore in Sicilia non mi scandalizza. Avendo avviato questo percorso, stiamo espellendo gli equivoci. La seconda prospettiva è iniziare a prepararci al nuovo. Ho molto insistito perché i congressi si celebrassero prima del referendum perché noi dobbiamo essere pronti a quello che accadrà. E siccome comunque andrà sarà un disastro, noi abbiamo l’esigenza di prepararci. I nostri congressi sono innanzitutto una ricerca. Noi, perciò, eleggiamo un gruppo dirigente con un mandato. Non possiamo eludere la riflessione su noi stessi. Dobbiamo capire come siamo percepiti dagli altri, ma dobbiamo anche guardarci dentro. Noi siamo colti ancora come un riferimento credibile, ma questo solo quando abbiamo scatti di dignità.
Allo stesso tempo veniamo colti in una dimensione opaca quando diventiamo la forza politica che negozia le intese per le vicepresidenze. C’è questa ambivalenza. Ancora oggi siamo in una zona grigia tra una cosa che è stata e una cosa che ancora non è. E ci siamo logorati nell’attesa”, continua il deputato irpino. “Alle Regionali dello scorso anno abbiamo avuto uno scatto di reni, non solo in Campania, ma laddove siamo usciti dalla logica della convenienza e abbiamo accettato la logica del rischio. Però, diciamocelo con franchezza, poi ci siamo fermati. Ancora non abbiamo un orizzonte.
Dobbiamo riuscire ad insediarci dell’area dell’insicurezza sociale attraverso un’iniziativa di ricomposizione. Il punto di partenza è la messa in sicurezza della società. I diritti di felicità senza i doveri di carità portano alla disperazione. Dobbiamo partire da qui. La vera riforma da introdurre è questa. I gruppi dirigenti che noi dobbiamo legittimare sono su questa linea. Il nostro è un seme, un insediamento dentro un’area sociale con l’obiettivo di offrire e di offrirci una nuova prospettiva. Dobbiamo esplorare l’oscurità di questi tempi senza avere paura”.