Come paesino dai mille volti Conza non è secondo a nessuno. Basta passare in macchina per l’Ofantina per vedere in quattro chilometri volatili, paesaggi mozzafiato, fabbriche, abbandono, resti del post-terremoto, un’oasi naturalistica e un’area archeologica. Rifugiati e cacciatori. Conza è un microcosmo e rappresenta tutte le contraddizioni e le possibilità per l’Irpinia.
Al momento le sue prospettive sono più o meno congelate, in attesa di idee o interventi. Industria senza sbocchi, l’energia alternativa è una strada complicata su un sito di interesse comunitario. Discorso diverso per turismo, sport e natura: non basterebbero le strutture, serve un’idea di base. Ma Conza è uno di quei luoghi dove un futuro si può ancora tracciare.
Qui convive di tutto, dicevamo. Prima di tutto i tre insediamenti urbani: Conza vecchia, Conza post-terremoto e Conza nuova. Nel primo c’è l’area archeologica di epoca romana, ancora non esattamente pronta per un flusso importante di visitatori. E si stanno finalmente portando a termine le prime ristrutturazioni dei ruderi del 1980. Sulla collina che dà sulla diga gli unici abitanti erano i rifugiati politici, del resto Conza è stata una delle prime comunità in Irpinia a ospitarli. Ma presto l’area potrebbe vedere la luce in una rinascita inattesa. L’importante sarà non perdere il treno dei fondi europei, ma soprattutto dare contenuti stabili a uno dei due borghi sospesi: l’altro è Cairano.
Prefabbricati sorti dopo il sisma sono invece divisi in due zone. Dal lato diga l’abbandono e i resti, in una piccola area fantasma triste e inquietante. Dall’altra parte della strada quelli abitati, affittati o acquistati recentemente da famiglie del Napoletano. Difficile definire turismo questo fenomeno. Ed è difficile pure parlare di nuovi abitanti. Sempre sullo stesso lato una zona dalle diverse attività: autolavaggi, negozi, una miriade di capannoni in costruzione. E’ la zona Pip di contrada Pescara. E poi Conza nuova, in disparte rispetto al suo patrimonio. Quando arrivi sembra quasi una città del Caucaso, dimensioni a parte. Quelle con i centri puliti e anche troppo ordinati, d’impatto. Con le risorse nelle vicinanze, gas e petrolio. A Conza l’acqua.
L’area industriale è proprio accanto all’oasi Wwf. O il contrario. Puoi trovare nelle vicinanze sportivi “di frodo”, cacciatori o fucilieri da soft air. Quello che non esiste è lo sport ufficiale. La diga ha evidentemente troppi vincoli per pensare a canottaggio o roba simile. Le piste ciclabili in Irpinia (come del resto in Campania) sono utopia. Negli anni scorsi c’erano un po’ di soldi a disposizione per realizzarle, adesso tutto passa per il progetto Pilota da queste parti. Chissà. Ma se Ungheria, Serbia, Bulgaria sono attraversate da una delle piste ciclabili più incredibili d’Europa, quella lungo il Danubio, e se la Puglia ha lavorato su questo aspetto grazie allo stesso Acquedotto Pugliese, beh vogliamo sperare che qui qualcuno provi a costruire qualcosa: almeno un’idea per le prossime generazioni.
Intanto qui i ciclisti passano veloci sulla strada, peccato che le macchine sfreccino ancora più veloci a un metro dalle bici. Come passano veloci anche i fotografi che rappresentano l’altra “specie migratoria”. Gli scorci sono incredibili, lo sanno tutti. Ma intanto la lunga via che spacca l’area industriale, l’area prefabbricati, che divide le case dalla zona diga, resta anche crocevia di ladri e bracconieri come raccontano puntualmente le note delle forze dell’ordine.
E poi naturalmente l’acqua: la diga, l’oasi, gli uccelli. Questi ultimi sono salvi dalla scure dei tagli, ma è sempre bene mantenere alto il livello di visitatori nell’oasi. E magari aumentarlo per non correre rischi. Sulla linea ferroviaria Avellino-Rocchetta i tagli hanno invece prodotto il loro effetto. Quello di Conza è uno dei tratti più suggestivi del percorso. Pardon, era. Per trovare vita nella stazione abbandonata bisognerà forse aspettare i concerti dello Sponz Fest se il format sarà riprodotto. Per gli altri 360 giorni all’anno il nulla.
Dall’altro lato della diga esiste invece un pezzo di Puglia. E’ il potabilizzatore dell’Acquedotto pugliese. Il Comune da questa roba ha avuto un piccolo grande introito (dipende dai punti di vista): circa 400mila euro. Adesso il maxi-impianto non è in funzione e i guai sono più della Puglia. In pratica in attesa di autorizzazioni i macchinari non possono riversare l’acqua alle province pugliesi. E l’acqua ritorna nell’Ofanto. Ma dalla risorsa idrica, poniamo caso per miracolo che le due nuove Giunte di Campania e Puglia trovino presto un nuovo accordo, Conza e l’Irpinia potrebbero com’è noto ricavare qualcosina in più.
E allora forse il futuro di Conza della Campania non passa attraverso fabbriche o energia. C’è ben altro su cui riflettere e mettersi al lavoro, anche perché i vincoli ambientali continuano ad avere la loro importanza. E’ nota l’inchiesta avviata dalla Procura di Avellino sull’elettrodotto “Goleto”. E’ partita da qui, dove due tralicci in zona protetta hanno reso possibile l’avvio delle indagini. Investire solo su ambiente e turismo, cercando di mantenere naturalmente i livelli occupazionali delle industrie, a Conza è possibile molto più che altrove.