Cinquecentotrenta profughi più altri 140 rifugiati politici. Sono questi i numeri ufficiali della provincia di Avellino. In tutto 670 persone ospitate in Irpinia.
Nazionalità variegate, quasi tutti africani; sono musulmani o cristiani, divisi tra cattolici e protestanti. Un mondo composito e non sempre facile da gestire, tenuto insieme dal bisogno di fuga verso un futuro migliore che si chiama accoglienza temporanea o integrata.
Mercogliano (120 persone sistemate perlopiù in abitazioni), Monteforte Irpino (35 profughi alloggiati in una casa privata), Montefredane (40 persone sistemate in un centro di ristoro e alloggio in disuso nella locale area industriale); e ancora Summonte (35 posti in case private), Flumeri (75 persone ospitate nell’agriturismo Petrilli), Venticano (che tra l’Hotel Europa in zona Fiera e case private accoglie 85 immigrati), Pietrastornina e Forino con 40 persone a testa, Manocalzati (30 profughi sistemati in un hotel) e Contrada (30 persone).
E’ questa la geografia dell’accoglienza in provincia di Avellino, cui si aggiunge il grande impegno dell’Alta Irpinia nell’ambito del progetto Sprar, il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati. Come dicevamo, sono 140 coloro che già godono dello status di rifugiati presenti nella nostra provincia. Sono arrivati in Italia già da alcuni mesi, diversi sono stati trasferiti qui da centri del centro-nord e hanno pezzi di famiglia in altri Paesi europei con cui sperano un giorno di potersi ricongiungere. Sono 40 a Bisaccia, 40 a Sant’Angelo dei Lombardi, una trentina a Sant’Andrea di Conza e altrettanti a Conza della Campania.
Nel primo caso, quello dei 530 “immigrati dell’accoglienza temporanea”, la cura dei profughi è affidata a una serie di cooperative che partecipano ai bandi di gara indetti dalla Prefettura (l’ultimo risale a pochi giorni fa) e se li aggiudicano in base al criterio del massimo ribasso. Costano all’Europa oltre 5 milioni di euro all’anno: soldi che però non finiscono nelle tasche degli stranieri (a loro va un obolo da 2,50 euro al giorno), bensì nella casse delle coop che dovrebbero fornire vitto – secondo le usanze alimentari dei Paesi di origine e le credenze religiose – alloggio, assistenza sanitaria, vestiario periodico e corsi di formazione orientati soprattutto all’apprendimento della lingua italiana. Sono ospitati in strutture temporanee, quasi sempre case private sfitte o punti di ricettività come alberghi e agriturismi che vivono tempi di magra. Un giro anche economico che vede in prima linea la Cgil di Avellino nella battaglia per controlli precisi e continui sull’effettivo rispetto degli standard previsti dai bandi, gettando ombre sulla serietà dei cooperatori che gestiscono il “servizio”.
Nel secondo caso, invece, il programma di accoglienza integrata è molto più strutturato e vede in prima linea i Comuni, che utilizzano risorse finanziarie messe a disposizione dal ministero dell’Interno attraverso il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo, e si avvalgono della collaborazione del terzo settore.