Partite “le quattro giornate del Laceno”, definite così dagli organizzatori dei seminari del Diarc nella sede di Acca Software di Bagnoli Irpino. Mondi a confronto: politica, amministrazioni locali, architettura, industria. L’obiettivo? Dare una traccia per uno sviluppo possibile dell’Altopiano e del suo comprensorio, in attesa dei finanziamenti sulle seggiovie. Un percorso ambizioso che arriva dopo anni di confusione e guerriglie. Insieme alle dichiarazioni della prima giornata è il caso di mettere ordine in un puzzle che solo ora inizia a prendere forma.
Le seggiovie. Per adesso c’è un progetto deliberato dal Comune di Bagnoli che vale 22 milioni di euro in totale. In una prima fase si ragionerà tuttavia solo sui 12 milioni necessari al rifacimento degli impianti di risalita. Formalmente spetta al sindaco Teresa Di Capua adoperarsi per ottenere i fondi. Sappiamo tuttavia che esiste una strada parallela nell’ambito del progetto pilota Città dell’Alta Irpinia. Sappiamo inoltre che la Regione Campania sia ben informata. E a quanto pare propensa a elargire la somma. Giovedì la stessa sindaca ha parlato della partenza delle conferenze dei servizi e del fatto che serviranno i via libera del Ministero dei Trasporti. Sono tutti ottimisti e certi del finanziamento ad ogni modo.
Confindustria. “Nessuno vuole mettere le mani sul Laceno“, ha chiarito il numero uno degli industriali irpini Pino Bruno. “Ma se siamo seduti a questo tavolo è perché il turismo è a tutti gli effetti un’industria”. Ed ha approfondito parlato dell’indotto, dei posti di lavoro. Un progetto per il Laceno, per la verità, era stato stilato da Confindustria tempo fa. Ma Bruno ha chiarito: “Era una traccia, non un progetto definito“. Una traccia, aggiungiamo noi, dal contenuto zeppo di idee e soluzioni che a quanto pare potrebbero essere messe a punto e limate proprio in questi giorni.
Gli architetti. Il dipartimento di architettura della Federico II sembra molto presente in questi anni in Alta Irpinia. In vari borghi, su varie linee di sviluppo potenziale e ora sull’altopiano. Da registrare le parole di Ciriaco De Mita rivolte agli architetti: “L’architetto sia illuminazione della cosa possibile, non la gestione della cosa conosciuta. Gli architetti devono dare visioni”. La battuta del presidente, a una nostra lettura, sta a significare che una cosa è il momento della progettazione e un’altra quello dell’azione, sia pre che post-finanziamento. I due campi non debbono sovrapporsi. In un certo senso si è detto d’accordo anche il presidente dell’Ordine degli architetti, Erminio Petecca, che però ha auspicato: “Importante farsi finanziare le opere. Però poi queste devono essere vissute. Servono manutenzione e gestione“. Per non creare le cosiddette cattedrali nel deserto già viste in questi venti anni di risorse europee.
I beni culturali e il turismo. Non è per niente fuffa il dialogo tra De Mita e Petecca. La Giunta regionale ha previsto 10 milioni di euro per l’Abbazia del Goleto di Sant’Angelo, il museo del Vino di Castelfranci, il museo etnografico di Aquilonia, il palazzo Vescovile di Nusco e l’oasi di Conza della Campania. E si attendono altre misure. Tutti felici per i soldi e per l’inizio dei lavori (sono felici anche e soprattutto architetti e progettisti). Ma le domande che noi porremo avranno la stessa direzione, una volta partite le opere di riqualificazione. Chi gestirà? Come? Con quale piano? Con quali competenze? Con del personale? E con quali risultati previsti a breve, medio e lungo termine?
E allora possiamo essere d’accordo su tutto o quasi: la politica e l’architettura sono cose diverse. Ma non racchiudono tutto. Ancora una volta, parlando di strategia aree interne, sarà necessario uno sforzo in più per aggregare e aprirsi ad altri mondi. A meno che non si pensi che il mondo si divida in politici e architetti.