Diciamo che non avevo intenzione di assistere all’anteprima dello Sponz Fest, al castello di Morra De Sanctis. Né la possibilità di farlo. Pneumatico scoppiato e impossibilità di raggiungere il paese in autonomia. Pioggia a dirotto che da giorni fa spostare programmi e fa annullare cose, pioggia e basta che già sembra di stare al ponte dei santi e dei morti. Michela Murgia assente per un problema di salute. Acciacchi dell’età, per me. Non dovevo essere a Morra e alla fine pure mi ci sono trovato, soprattutto per la tradizionale telefonata dell’ottimo Alessandro Gambino. L’arrivo è semplicemente il cielo splendido, terso dopo e prima della pioggia. Allestimento esterno, caffè al bar con la partita della Roma in cui scopro che gioca il figlio di Patrick Kluivert (ah la vecchianza). E il telecronista che nomina il difensore Karsdorp che mi fa venire in mente Hans Castorp: non si può fuggire dallo Sponz, montagna incantata d’Irpinia. Facce conosciute da svariate edizioni di Sponz con molti stranieri venuti in Irpinia land of water per la manifestazione di Vinicio Capossela.
“Tutto molto bello, e finalmente mi godrò questo castello da fuori, invece di entrare e sedermi al chiuso come nei consueti convegni su Francesco De Sanctis che per inciso ricominciano proprio in questi giorni. Questa sera io vi dico no, Castello e De Sanctis. E starò fuori a conversare e a bere guardando il tramonto altirpino un po’ in tutte le direzioni e poi il buio e il silenzio e Capossela-Aime-Mapuche-musica classica“.
Le premesse erano buone. Ma intanto l’orizzonte altirpino, da ogni direzione, ti salutava coi fulmini a mò di fuochi d’artificio. “Non potranno mai arrivare qui, mai sullo Sponz“, pensai. Con un leggero e profetico ritardo, il direttore artistico arriva al Biondi di Morra. Si siede sul palchetto e dopo l’intro del sindaco di Morra comincia a parlare. Destino vuole che appena nominata la parola natura, uno dei tanti temi dello Sponz 2018, questa si presenti come meglio sa fare in questo periodo. Il cielo piange come una fontana e ci mette alla prova, ci insegna a essere pratici e convivere con le avversità. Si può essere selvaggi e a volte fare a meno di una visione comoda delle cose. Magari uno potrebbe vederla così, e nessuno a Morra perde l’entusiasmo. Tutti gli spettatori-partecipanti prendono le sedie ed entrano nel castello invitati dal sindaco Pietro Mariani e da Capossela. L’operazione funziona, e uno in effetti potrebbe vederla così. Il cielo, le avversità. Io invece dico solo che questa estate ha rotto il cazzo.
E anche se non dovesse più piovere, questa riflessione ragionata e puntuale mi porta a dire che odio l’estate, che hanno anche il coraggio di chiamarla estate. Il tempo, ok. Ma pure attività su attività da una mese a questa parte in concomitanza, in concorrenza. In resilienza? Ah no non c’entra niente. In restanza? Ah neanche c’entra. O forse sì. Beh quello che mi viene da pensare è che questa natura stia dicendo qualche cosina agli irpini delle feste d’agosto. “Guardate, io sono imprevedibile. Io posso pure pisciarvi in testa dall’alto, quando mi pare. Dipende. Dipende da come mi gira. Quindi se voi pensate che agosto sia la vostra salvezza da me, vi sbagliate assai”.
Quest’anno la natura di agosto dice che possiamo pure pensare di vivere tutto l’anno, perché un mese è sempre una scommessa. Il più delle volte vincente, ma è una scommessa. Spalmare gli appuntamenti e soprattutto la nostra voglia di festa, cultura e gioia? Dai, fa niente se il parente non assisterà al tuo spettacolo, se i turisti saranno nelle loro città a lavorare e fare soldi. Potremmo inaugurare la stagione della Pocanza. Anche noi, pochi irpini con noi stessi e per noi stessi. Senza fare cose a cazzo di cane e trasformare ogni santa cosa in un convegno in cui si parla, parla, si propone e si riflette per il gusto di parlare, proporre e riflettere. Ma sfruttando di più il vuoto da riempire che Capossela giustamente continua a nominare. Riempirlo di suoni e cose carine.